
Un reparto maternità (foto d'archivio)
Arezzo, 26 settembre 2018 - Desideravano un figlio, ma ogni tentativo era stato vano. E pur di assicurarsi un erede non avevano esitato a violare la legge. Si erano rivolti a una trentenne romena che aveva «ceduto» loro la figlioletta appena nata. La vicenda, che risale al luglio del 2016, venne alla luce in Valdarno nel novembre dello stesso anno a conclusione delle indagini del commissariato di polizia di Montevarchi.
E ieri mattina in tribunale ad Arezzo i due aspiranti genitori, 38 anni lui, indiano con un permesso di soggiorno regolare ed un lavoro stabile nella zona; 45 anni lei, casalinga originaria della Romania, ma cittadina italiana, hanno patteggiato la pena prevista per alterazione di stato civile durante la formalizzazione dell’atto di nascita.
In pratica nella carta di identità della futura mamma adottiva era stata incollata la foto della puerpera che aveva partorito all’ospedale di Santa Maria alla Gruccia. Insomma, la coppia intendeva far passare la neonata come loro primogenita. Difesi dall’avvocato Felice Torzini, i due coniugi sono stati condannati a un anno e 4 mesi ciascuno con la condizionale. Rischiavano da 3 a 5 anni, ma patteggiando hanno usufruito della riduzione di un terzo della pena.
Rinviata a giudizio, invece, la madre naturale, che non si è presentata all’udienza e si trova nel Paese d’origine. Si chiude almeno in parte un caso che fece scalpore anche se fu subito esclusa la presenza di un’organizzazione criminale o che la piccina fosse stata al centro di una compravendita. A far emergere l’inganno la segnalazione arrivata ai poliziotti dalla direzione sanitaria del monoblocco ospedaliero che aveva scoperto delle incongruenze in alcuni risultati degli esami di laboratorio della presunta madre.
Al momento di inserire in banca dati i riscontri delle analisi del sangue, infatti, era emerso che il gruppo ematico non combaciava con quello riportato nella documentazione di un precedente ricovero della quarantacinquenne.
L’inchiesta prese corpo e gli agenti interpellarono ostetriche e personale del reparto di maternità che avevano notato delle anomalie nel comportamento della partoriente, richiamata più volte perchè non si occupava della neonata, affidandola sempre all’accompagnatrice. Dalle verifiche emerse che la foto della carta di identità della moglie autentica si trovava in posizione diversa rispetto all’originale dell’anagrafe.
Fu informata la Procura e il pm Marco Dioni dispose la perquisizione domiciliare che consentì di ritrovare la fototessera della vera mamma e di confermarela sostituzione. Vittima inconsapevole del desiderio di genitorialità a tutti i costi, la bimba fu affidata dal Tribunale dei Minori di Firenze a una famiglia che risiede oltre i confini della vallata.