Caso Sacci, Arpat: "Amianto ovunque". Azienda "off limits"

E' diventata zona rossa, vietato entrare senza tute speciali a protezione

Ex Sacci

Ex Sacci

Arezzo, 21 ottobre 2016 - UNA DISCARICA di amianto, che ha tutte le caratteristiche di una bomba ecologica. Lo aveva annunciato un mese fa la Forestale, oggi è tutto confermato dai controli di Arpat e Asl. L’ex stabilimento Sacci di Bibbiena rischia di essere ricordato come il caso di inquinamento più grande della nostra provincia. A seguito dell’allarme lanciato nei mesi scorsi dal Comune di Bibbiena e da numerosi cittadini, nelle ultime settimane la Forestale aveva lavorato con pazienza a mappare la situazione ambientale dell’ex Sacci. Poi i risultati erano stati fatti affluire sul tavolo del Pm Angela Masiello che conduceva le indagini. Era stata lei a chiedere l’ordinanza di sequestro dell’edificio, poi firmata dal Gip Anna Maria Lo Prete un mese fa. La presenza di amianto e rifiuti critici era stata la motivazione.

DOPO IL primo blitz della Forestale, adesso è stata la volta del sopralluogo dell’Arpat per catalogare i rifiuti. Quello che ne è emerso è una situazione allarmante. Siamo difronte ad una pericolosa discarica di amianto, un residuo della lavorazione del cemento per come si faceva un tempo, e di altri rifiuti pericolosi. Se già la Forestale aveva parlato di inquinamento grave, adesso la situazione sembra aggravarsi. Tutta l’area dell’ex azienda è stata catalogata come rossa, vale a dire «off limits», se non indossando tute speciali in grado di proteggere dagli effetti nocivi dell’amianto. Amianto che è dappertutto, nel suolo, nelle pavimentazioni, sotto forma di polveri leggere. La pericolosità è evidente, non solo all’interno dell’area. Niente può impedire al vento di sollevarle e trasportarle chissà dove. Ancora più preoccupante la situazione che verrebbe a crearsi se il tetto o parte dell’edificio, ormai in rovina, crollassero. La caduta a terra del materiale pesante solleverebbe, in una nube tossica, le polveri sottili del killer invisibile. L’Arpat, dopo il sopralluogo, ha inviato un’ordinanza urgente ai Comuni di Chiusi e Bibbiena (l’azienda sta a metà tra i due), per mettere in sicurezza l’area. Responsabilità che ricadrà su i Comuni stessi, la Regione e il proprietario, Marino Franceschi, l’imprenditore del grande insediamento «Marino fa Mercato». Siamo di fronte ad una struttura dannosa non solo per l’ambiente, ma anche e soprattutto per la salute dei casentinesi.

AD AGGRAVARE la situazione, c’è poi la condotta di alcuni privati che per anni, probabilmente in piena notte, hanno trasformato lo stabile in una discarica per rifiuti speciali e altamente inquinanti, abbandonando al suo interno materiali di ogni genere, potenzialmente pericolosi per l’ambiente e la salute. C’è di tutto, da rifiuti di laboratorio, a materiale edile e di costruzione, a gomme, oli, combustibili. Materiale che negli anni è stato depositato all’interno della struttura ma che non costituisce di per sé il principale motivo di preoccupazione, anche se ovviamente ha aggravato una situazione già pericolosa e altamente inquinante.

Ga.P.