Rete di riciclaggio scoperta dalla Finanza. Coinvolti imprenditori cinesi in Toscana

L'organizzazione raccoglieva denaro frutto di evasione fiscale aziende cinesi della provincia di Firenze e Prato per acquistare oro ad Arezzo

Guardia di Finanza

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Firenze, 12 dicembre 2018 - Tocca anche le province di Firenze, Prato e Arezzo l'inchiesta della guardia di finanza di Bologna su un'organizzazione dedita al riciclaggio e ricettazione. L'organizzazione, composta da 29 persone di nazionalità italiana, turca, cinese e romena, raccoglieva denaro contante, derivante da probabile evasione fiscale di alcuni imprenditori, con cui venivano acquistati lingotti d'oro, senza punzonatura e certificati di provenienza, che poi venivano esportati in diversi Paesi - Turchia, Grecia e Spagna - e immessi nei mercati ufficiali del settore.

Sono state eseguite dieci ordinanze di custodia cautelare, emesse dal Gip Alberto Gamberini, di cui sette in carcere e tre ai domiciliari, nei confronti di un cittadino turco, di quattro persone di origine cinese e cinque italiane. Dovranno rispondere di associazione a delinquere, riciclaggio di proventi illeciti e ricettazione con l'aggravante del reato transnazionale. Quindici le perquisizioni che sono in fase di esecuzione quattro 'mandati di arresto europei' in Romania e Turchia. Sequestrati, in diversi momenti, 70 chili di oro, per un valore di 2,5 milioni di euro, e denaro contante per quasi 1,5 milioni; sequestro preventivo, per un ammontare di circa 7,4 milioni di euro, di beni mobili, immobili e finanziari. Il «fulcro del sistema», come lo ha definito il procuratore Amato, era un commerciante 50enne turco: facendo scalo, per partenze e arrivi, anche dall'Aeroporto Marconi di Bologna - oltre a Pisa e Fiumicino - raggiungeva la Toscana per raccogliere il denaro frutto, secondo le indagini, da evasione fiscale di imprenditori cinesi della provincia di Firenze e Prato. Ad Arezzo il denaro veniva usato per acquistare oro che veniva poi portato all'estero. Il ricavato dell'immissione nel mercato, secondo i finanzieri, confluiva sui conti correnti delle società turche riconducibili al 50enne e da lì trasferito a imprese romene collegate sempre allo stesso per poi essere spostato su conti di società di comodo del Regno Unito costituite dagli imprenditori cinesi che ne avevano originato la provvista.