Pistola e sbarra, assalto all'orafo: stordito con lo spray e legato, bottino 80 mila euro

Quattro incappucciati, colpo in un minuto e mezzo. E' successo dietro la chiesa del Giotto. Divelte le telecamere prima di scappare. Indaga la squadra mobile

Colpo al negozio orafo dietro il Giotto

Colpo al negozio orafo dietro il Giotto

Arezzo, 20 maggio 2018 -

Arezzo, 20 maggio 2018 - Ci hanno messo un minuto e mezzo. Novanta secondi, cronometro alla mano, nel corso dei quali hanno sfondato la vetrina di un laboratorio orafo in via Caravaggio, pieno quartiere Giotto, alle spalle della chiesa, stordito con uno spray il proprietario, poi immobilizzato e legato, ripulito coscienziosamente il negozio fino a raggranellare un bottino di 80 mila euro. A seguire la fuga, giusto in tempo per evitare le prime volanti della polizia, messe in allerta dai passanti.

Tracce dei quattro banditi (cinque col palo che li aspettava in macchina) nessuna, un colpo perfetto, da professionisti che avevano studiato ogni dettaglio con precisione. Come al cinema, come nella sceneggiatura di un film d’azione. Il giorno dopo resta solo lo choc della vittima, Fabrizio Santini, 53 anni, il giorno dopo resta solo lo stupore di un quartiere residenziale che certo non è abituato a blitz come questo, anche se non è il primo.

Vanno ricordate almeno le ripetute rapine alla filiale di Ubi Banca, sempre in via Caravaggio, a un tiro di sputo dal laboratorio orafo, e i colpi del bandito solitario, ai tempi in cui seminava il terrore un po’ ovunque: al Giotto in farmacia e in un supermercato. Ma riavvolgiamo la scena, come alla moviola.

Comincia tutto alle 15 di venerdì. Santini, che è titolare di un’attività non solo commerciale ma anche artigianale di lavorazione dei gioielli, è dietro al bancone. I banditi arrivano di soppiatto. Quattro sono incappucciati fino al collo, irriconoscibili, il quinto non ne ha bisogno perchè resta al volante, già pronto alla fuga. I «colleghi» sfondano la vetrina con una mazza, forse una sbarra o un piede di porco.

In un attimo sono dentro, armati di pistola, spruzzano lo spray addosso al proprietario che resta lì inebetito. Quanto basta per saltargli addosso e legarlo con del nastro da elettricisti. A quel punto la strada è libera, ma i banditi sanno che di tempo ne hanno poco, che agire in pieno giorno, nel cuore di una zona residenziale, è un azzardo giustificabile solo con la rapidità di esecuzione.

Per fare manbassa dei gioielli e del denaro contenuto nella cassa bastano poche decine di secondi. Ormai manca solo l’ultima parte del piano, la fuga. C’è ancora un dettaglio, però, che dimostra quanto attenta sia stata la pianificazione del blitz. I quattro sanno che c’è un circuito di telecamere interne dal quale sono stati ripresi. Una traccia preziosa che non vogliono lasciare in mano alla polizia. E allora strappano via la consolle che controlla l’intero sistema video. Se la porteranno via scappando.

Il resto è facile per gente di questa esperienza e preparazione: risalgono in macchina, col complice che preme sull’acceleratore e lancia il motore a tutta velocità. Qualche passante, però, ha notato cosa stava succedendo e ha già chiamato il 113. Le prime auto della polizia arrivano quando le tracce dei banditi sono ancora «calde». L’orafo nel frattempo è riuscito a liberarsi.

E’ un po’ stordito ma sta bene, non c’è neppure bisogno di portarlo in ospedale. Il che non toglie che ieri il negozio sia rimasto sbarrato: «Chiuso per rapina» o «Vetro rotto per rapina», avvertono sinistri i cartelli. Le indagini sono nelle mani della Mobile di Francesco Morselli. Qualche indizio c’è. Ad esempio le riprese di altre telecamere lungo la strada, come quelle della banca. La partita non è chiusa, ma vincerla sarà per la polizia un lavoro da cani: gambe in spalla e pedalare.