Liletta Fornasari
Immaginarsi Arezzo attraversata da un fiume risulta molto difficile alle nuove generazioni, ma basta fare riferimento ai Ragionamenti di Giorgio Vasari-, testo che morendo nel 1574, aveva lasciato in stato di manoscritto e che fu pubblicato con Filippo Giunti da Giorgio Vasari il Giovane nel 1588-, e ricordare che, introducendo il principe Francesco I de’ Medici alla visita del Salone dei Cinquecento, il primo quadro del soffitto da lui illustrato fosse quello con l’immagine di Arezzo con il Castro come elemento dominante. Scrive Vasari: “quello è Arezzo con il fiume del Castro che gli passa per mezzo ed entra nella Chiana”. Il Castro, raffigurato da Vasari secondo la celebre allegoria del vecchio barbuto disteso con una brocca con l’acqua e con una cornucopia ricca di primizie, è il tema del volume dal titolo Il Fiume e la Città. Il Castro e Arezzo dall’Antichità fino ad oggi (Luoghi Interiori edizioni) che, curato da Giulio Firpo e pubblicato dall’Accademia Petrarca di Arezzo, raccoglie gli atti del convegno del dicembre del 2017, nonché organizzato dall’Accademia stessa in collaborazione con il cittadino Museo Archeologico, con il Polo Museale della Toscana, con la Soprintendenza, con il Dipartimento di Scienze Storiche e dei Beni Culturali dell’Università di Siena e con l’Associazione di Studi Storici Elio Conti di Firenze.
Ricordando che in tale occasione fu allestita presso il Museo Archeologico Gaio Cilnio Mecenate una mostra di reperti etruschi rinvenuti tra Ottocento e Novecento nel letto del Castro, è importante sottolineare l’antica presenza e l’ attuale assenza, o meglio copertura, del fiume, che “nobile”, “dal capo altero” e “dalle belle onde” popolato di cigni e di ninfe - stando al quadro fatto dagli Accademici dei Discordi-, ha svolto un ruolo determinante nella storia di Arezzo, dalla preistoria in poi, sostenendo le fabbriche etrusche e romane di ceramica a vernice nera e a vernice rossa, poi le gualchiere medievali e i mulini, otre alla fabbrica delle divise granducali. In momenti storici diversi tratti urbani del Castro sono stati, sia tombati, che coperti (si rimanda ad esempio all’attuale via Guido Monaco) e giustamente il volume vuole portare l’attenzione anche sui rischi ambientali del sottosuolo cittadino.
Seguendo un rigoroso criterio scientifico nella ricostruzione dei molteplici aspetti connessi al fiume, il volume è costituito da undici saggi, iniziando da quello di Alberto Pedone su la nascita del bacino e il paesaggio. Con questo prende avvio la parte archeologica, largamente dedicata all’area dell’Orciolaia, con i contributi di Paolo Lelli, di Susanna Antonelli, seguiti da quello di Giulio Firpo con l’analisi due reperti epigrafici del Museo Archeologico. Nel primo si nomina il ponte di Paccio e di Gavio (80-60 a.C), di cui l’autore esamina la corretta collocazione rispetto a proposte avanzate precedentemente sul collegamento tra la necropoli di Poggio del Sole e direttrici importanti. Interessante è anche il secondo relativo ad una fistula aquaria di piombo di età protoimperiale romana, ritrovata nel 1959 nella zona lambita dal Castro tra l’attuale via Guadagnoli e via del Ninfeo e importante per la conoscenza delle tecniche idrauliche del tempo.
Questa prima parte del volume si conclude con Il Castro e i vasai aretini nella prima età imperiale di Mara Sternini. Il saggio successivo di Lauretta Carbone analizza, sia le esondazioni, che i progetti fatti sul fiume in età moderna. Saggio molto ricco di riferimenti documentari e estremamente interessante per una infinita serie di notizie, che possiamo mettere in relazione con i nostri tempi, come il “cambio climatico con un una fase più fredda e umida che si affermò alla metà del XVI secolo”. Per il territorio aretino essa fu causa di dissesti idraulici. Evento alluvionale importante fu la “memoranda piena” del settembre del 1557”, devastante-scrive la Carbone_- quanto quella provocata dal Cognano e dal San Firenze nel 1747-, e in occasione della quale si fece arrivare Girolamo di Pace da Prato con il progetto di “tirare l’acqua del fiume fuori alla città”. Esondazioni furono numerose anche nel Seicento.
Il Castro nell’Ottocento fino alla prima metà del XX secolo attraverso i documenti dell’archivio di Stato di Arezzo è il tema del saggio di Claudio Saviotti, che affronta anche il tema dell’ultima grande alluvione provocata dal Castro nel 1934, quando le acque del fiume allagarono tutto il centro. Fu l’Ottocento epoca di grandi trasformazioni con le coperture del fiume, in modo particolare quelle ottocentesche, dalla già menzionata via Guido Monaco al tratto di Corso Italia, già Borgo Maestro, e via Madonna del Prato. Strettamente connesso ai precedenti, è il contributo di Simone De Fraja sul caso del Castro in rapporto alle strutture fortificate cinquecentesche, tenendo conto che il fiume entrasse ed uscisse dalla città offrendo la “più agevole strada di penetrazione offerta al nemico”.
La terza parte si apre con il saggio di Giovanni Bianchini sul Castro nella poesia accademica del XVII secolo, seguito da quello a due mani di Antonio Batinti e Enzo Sacchetti sulla Topomastica del bacino del Castro a Monte di Arezzo. Facendo riferimento alla contemporaneità il libro si conclude con il contributo di Giuseppe Martini sulla Qualità biologica delle acque del Castro.
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