
Gli angeli del fango
Arezzo, 29 luglio 2019 - «Eravamo all’offertorio quando l’onda d’acqua ha spalancato la porta». Ora quel cestino con le povere offerte di una Messa di campagna sbuca dal fango, salvato anche lui dalla mano degli angeli. Gli angeli del fango, che riservano al cestino, alle panche, al pianoforte Plenum Gem lo stesso trattamento che gli studenti assicuravano ai capolavori fiorentini del rinascimento. La gente del Bagnoro si stringe intorno alla sua Pieve.
Lo fa di prima mattina, rispondendo al passaparola generale. Intorno anche le famiglie si leccano le ferite: c’è chi mette fuori la lavatrice, chi i tappeti fradici, chi i mobili. Gli altri si coccolano il loro simbolo. E cominciano affondando le mani nel fango. La Pieve è romanica e poverissima come la fede asciutta (almeno lei...) della sua epoca: ma tanti piccoli pezzi riemergono da quel fango tra l’emozione generale. Il calice, la pisside, il turibolo dell’incenso, la campanella. «Eccola» lo mostra uno entusiasta.
Non ha un valore che cambierà il mondo ma ogni frammento diventa il tassello di un grande puzzle: si chiama speranza. Rispondono all’appello a decine. Ci sono i ragazzi delle scuole, con la T-shirt color fango ma certi che per una volta la mamma non gli griderà dietro che è lei a lavare. Ci sono gli uomini con i guanti grossi, ci sono le signore con il vestito a fiori.
Ci sono mamma e figlia che a luglio non vanno al mare ma si calano nel fango. Dalla chiesa i frammenti di una memoria collettiva escono uno alla volta. Gli stivali grossi, calosce da scalare il mondo, procedono metodici, per non alzare schizzi di fango contro i compagni di avventura. E per non sporcare dell’altro le vesti sacre, tirate fuori una a una e appese alla ringhiera in cima alla scala. Don Giovacchino le controlla: c’era lui a celebrare quella messa, c’era lui a guidare la gente al sicuro.
«Ci siamo dati la mano e siamo usciti insieme per non perdere nessuno». E insieme sono ancora ieri, nel fango. «E’ il popolo del Vaticano II che marcia» dice enfatico ma quasi commosso il vescovo Riccardo Fontana. I suoi laici, quelli che sferza a Natale ma sui quali ha puntato il sinodo. «Da ora in poi dobbiamo lasciare tutti gli oggetti al sicuro» dice Cosetta, l’anima della parrocchia.
Lui la guarda quasi rapito. «No, non è te che devi cambiare regime» sussurra Fontana. Da oggi inizia il pressing per disarmare il torrente, l’altra sera confabulava fitto fitto con il sindaco. I cercatori nel fango intanto si coalizzano per tirare all’asciutto il pianoforte: non è uno «Steinway» ma per loro vale anche di più. I tasti bianchi e neri spiccano sullo sfondo delle candele di cera color terra o del Padre Pio che sembra aver affondato le stimmate nel fango.
Un ragazzo tiene come fosse oro il Vangelo, le pagine sono appiccicate come il paese alla sua Pieve. Sabato Giovacchino aveva letto da lì il Vangelo della Messa: per poi chiuderlo subito dopo e fuggire con i parrocchiani. Ora lo ritrova: non sarà facile da decifrare. Ma tanto lì, nel fango del Bagnoro, il vangelo lo stanno riscrivendo insieme.