arezzo
Il sorriso che porta tra le corsie di un ospedale ai bambini malati, stavolta è servito per i piccoli di Gaza in fuga dalle bombe e coi segni della guerra addosso. "Una bambina aveva un timpano perforato dall’esplosione di una bomba, un altro i piedini ustionati", dice Sara Duchi, rettore della Misericordia, di ritorno da una missione che non dimenticherà. Al punto da esclamare: "Ho lo zaino pronto per partire se ci sarà bisogno". E dell’aiuto dei volontari della Misericordia, Anpas e Croce Rossa, ci sarà bisogno ancora a lungo nell’inferno di Gaza. Da Arezzo la grande famiglia della Misericordia ha detto sì alla richiesta della Protezione Civile e Sara è partita. Con lei altri volontari, medici e specialisti della squadra toscana addestrata alle missioni umanitarie. "Per me era la prima volta ed è stata un’esperienza forte", spiega Sara che nei suoi grandi occhi celesti ha gli occhi dei sedici bambini palestinesi accolti negli ospedali del nord e centro Italia e tra questi il Meyer. "Li abbiamo attesi insieme alle mamme e ai fratelli, all’aeroporto militare del Cairo. Erano emozionati e un pò disorientati ma li abbiamo subito coinvolti in giochi e disegni con matite e pennarelli". Lei è una soccorritrice d’esperienza, ha in tasca un brevetto di livello avanzato e per le missioni umanitarie, ma la sua specialità è quella del clown-dottore e ai piccoli pazienti dispensa una cura efficacissima: la terapia del sorriso. "Loro parlavano arabo ma ci capivamo a gesti. Avevamo i cestini per il pranzo e con gli altri colleghi della squadra toscana abbiamo deciso di offrirli ai bambini che non avevano nulla".
Alcuni scappati dall’orrore "con una piccola busta e le poche cose raccolte di corsa; altri con le mamme che erano riuscite a riempire grandi valigie. Niente, rispetto a tutto quello che abbiamo noi". Il bagaglio che Sara riporta a casa è fatto di "sguardi e grazie ripetuti", pronunciati in un italiano stentato ma sinceri. Un’esperienza "che è stata anche una crescita personale". Porta con sè "la forza e il coraggio di queste persone. Sui loro volti puoi leggere la malinconia per la separazione dalla loro terra e dagli affetti, l’orrore di quello che hanno vissuto e patito, ma al tempo stesso la speranza verso un futuro che sono pronti a costruire. Ecco: il loro mettersi in gioco è l’elemento che mi ha colpito e insegnato a essere grata per quello che ho".
Il volo verso l’aeroporto di Bologna è stato un altro momento forte: "I bambini stavano col naso appiccicato all’oblò curiosi di scoprire se la terra che intravedevano, fosse l’Italia. E quando il traduttore ha spiegato che sì, quella era l’Italia, i loro sguardi si sono illuminati". Un impegno il cui valore è stato sottolineato dal governatore della Misericordia Pier Luigi Rossi.
Ma Sara continua a fissare il suo zaino, dove ha messo i sorrisi dei bambini di Gaza. Ed è pronta a ripartire.