
"Pensavo di cambiare il mondo" Bonisoli: le Br e il senso di fallimento La figlia di Moro: "Sei come me"
di Alberto Pierini
"Pensavo di cambiare il mondo con la violenza, sono un fallito". Franco Bonisoli non ha più l’espressione rabbiosa dei 20 anni, immortalata dai flash delle foto segnaletiche. I capelli bianchi, le rughe profonde, fin dentro l’anima". "Sono stato nelle Br, ho partecipato al sequestro e all’omicidio del papà di Agnese". Non dice Moro. "Quando uccidevo per me non erano persone: erano nemici, simboli identificati dalla loro funzione". Una costruzione crollata su se stessa, negli anni del carcere. "Ad aprirmi gli occhi è stato il cappellano che invece mi ha trattato come uomo".adre Guido Bertagna, il fil rouge che poi lo lega ad Agnese.
Agnese Moro, è al suo fianco, anche lei tra i capelli bianchi e le rughe, sull’altare della chiesa delle domenicane. Il Monastero della Neve spunta dall’ombra della notte: e scopri che a centinaia sono saliti lassù, sopra Pratovecchio, per seguire l’incontro. O per assistere al miracolo: la vittima e il "carnefice" ormai amici. "Sono come te" gli dice, e il pubblico sobbalza.
E tra il pubblico c’è chi aveva conosciuto Petri ed è, salito al Monastero per uno sguardo. "Volevo guardare negli occhi Franco, volevo guardare negli occhi Agnese: ho capito che era tutto vero". È vero ma il dolore taglia la chiesa e la madre superiora, suor Maria Grazia Colombo, lo somatizza. "Il mio cuore si è spaccato al rapimento, per la famiglia Moro e per i brigatisti: da allora scrivo agli ergastolani".
Un parallelo audace? No, se anche Agnese Moro lo riprende. "Mio padre sarebbe soddisfatto di questo percorso di risalita. Si sarebbe preoccupato per questi ragazzi". Dai quali la divide tutto. "Erano giovani e belli, sguaiati e belli. Faccio fatica a sentire che hanno ucciso per amore. So chi hanno portato via, scopri l’odio e la rabbia". Lo dice per il padre, lo dice per gli uomini della scorta ("Erano persone di casa"). Dal pubblico c’è chi si alza e punta il dito contro Bonisoli. "Avrei voluto spararvi" dice dicendosi servitore dello stato. A difendere Bonisoli si alza la voce di Agnese. "Lei non ha ascoltato niente, bisogna disarmarsi". Reagisce anche Bonisoli, "lei rappresenta lo Stato contro cui combattevo" dice con un passo falso verso il suo percorso di risalita. "Ho sconfessato la lotta armata, ho scontato la mia pena". 22 anni e mezzo rispetto a 4 ergastoli, sulla base delle leggi degli anni di piombo.
"Ma a chi ho pagato il mio debito? Ho provocato dolori non rimarginabili" commenta ritrovando se stesso. E lo va a raccontare a chi quel dolore se lo porta dentro. "La scoperta del sangue, il sangue sulla valigetta, sulle tesi di laurea". Dolore, dice Agnese, portato dentro, in un silenzio, "che trasforma in prigione anche la vita di tanti altri". E che insieme a Bonisoli ha spezzato con Adriana Faranda. Doveva esserci anche lei, un lutto l’ha tenuta lontana dal monastero. "Rompere il silenzio veniva incontro al mio dolore: per 31 anni nessuno mi ha chiesto come stessi". Dialoga con i brigatisti, mantiene il risentimento contro chi bloccò la trattativa, parti dello Stato. Parla di percorso comune di risalita, non di perdono. "Ho scoperto il loro dolore. Hanno fatto cose mostruose ma mi hanno aiutato ad uscire dal silenzio". Fino al buio illuminato dal monastero.