DORY D’ANZEO
Cronaca

Offese alla mamma di Denise Pipitone Il comico: "Ce l’avevo con la tivù"

La difesa di Alessandro Gori, querelato da Piera Maggio: "La mia satira era indirizzata contro la pubblicità che sfrutta l’audience di vicende come quella della bambina siciliana". Ascoltati i testimoni della difesa

di Dory d’Anzeo

Tre ore di udienza, ieri mattina, per la causa che vede contrapposta Piera Maggio ad Alessandro Gori, noto come lo Sgargabonzi. La madre di Denise Pipitone, la bambina scomparsa a Mazara del vallo e mai più ritrovata, aveva querelato il comico aretino che, nel pubblicizzare un suo spettacolo aveva tirato in ballo il nome di mamma e figlia in maniera, a dire della Maggio, ingiuriosa.

Gori, difeso dall’avvocato Niki Rappuoli, ha spiegato la sua versione: le sue frasi non volevano prendersi gioco del dolore per la drammatica sparizione di una bambina, al contrario erano una critica feroce a chi quel dolore lo sfrutta, costruendoci trasmissioni televisive, che a loro volta vendono spazi pubblicitari. Questa la difesa dello Sgargabonzi che in aula ha spiegato la sua poetica e ha chiarito che i suoi testi non sono un invito al cinismo, al contrario ne sono l’esasperazione: "L’intento è far sì che il cinico si vergogni", ha spiegato Gori in aula, aggiungendo che la satira ha il dovere di proporre qualcosa che sia fastidioso, che faccia ridere con un groppo in gola. Oltre allo Sgargabonzi, ieri erano presenti anche i testimoni della difesa Claudio Giunta, Christian Raimo, Matteo Marchesini, Francesco Pacifico e Sergio Spaccavento. Scrittori, giornalisti, autori, docenti universitari e pubblicitari.

Tutti i testi hanno confermato i meccanismi, spesso non immediati, della satira, come descritti dallo stesso Gori, e in particolare hanno insistito sul ruolo della satira come critica sociale. Le espressioni "Piera Maggio, madre di Denise Pipitone, nuovo volto dello spot Leerdammer"; "Stasera al supermercato ho visto la signora Piera Maggio, mamma di Denise Pipitone, la bambina scomparsa qualche anno fa. Così sono andato a riempirmi il carrello con un sacco di roba e gliel’ho portato, dicendole: ’E non voglio più vedere quel faccino triste’", per fare alcuni degli esempi incriminati, erano state pronunciate, secondo Sgargabonzi, contro i meccanismi della pubblicità sul dolore straziante.