Un medico per Gaza: "Salvavo bimbi feriti sulla nave militare, un viaggio nell’orrore"

Decio Viscidi, anestesista al San Donato e riservista di Marina, racconta il suo ruolo nell’operazione umanitaria durata un mese: "I traumi della guerra nei disegni che mi hanno regalato i piccoli"

Arezzo, 30 marzo 2024 – Ha visto piccoli arti amputati e bambini appena nati, curato ferite del corpo e dello spirito e ha fatto ritorno a casa con un bagaglio professionale ed emotivo pesante. Il 29 novembre 2023 Decio Viscidi medico anestesista in forza all’ospedale San Donato di Arezzo, ha risposto alla chiamata della Marina Militare e ha messo la sua professionalità al servizio dei feriti della striscia di Gaza. Tra loro tantissimi bambini. Adesso racconta il suo mese trascorso sulla nave Vulcano per curare le ferite di tanti adulti e piccoli finiti sotto i bombardamenti.

Il dottor Viscidi, tenente di vascello della riserva selezionata, ha fatto parte come anestesista di un’équipe chirurgica e ortopedica appartenenti a Marina, Esercito e Aeronautica Militare oltre a specialisti tra cui ostetriche, ginecologhe e chirurghi plastici, della Fondazione Rava e medici del Qatar.

La sua esperienza professionale è iniziata il 1° dicembre 2023 a bordo della Vulcano ormeggiata nel porto egiziano di Al-Arish, dove è nata la piccola Ilin da una donna palestinese di Gaza che era a bordo della nave per assistere l’altra figlia ferita.

Fra gli interventi effettuati dall’equipe di cui ha fatto parte Viscidi, anche il trapianto di un nervo periferico per restituire a una donna l’uso parziale di un arto compromesso da un bombardamento. "Durante la mia attività di medico ospedaliero – racconta Decio Viscidi - ho visto molti traumi complessi ma mai ferite di guerra. Queste persone non avevano solo ferite visibili, che abbiamo curato, ma anche quelle non visibili fatte di traumi e lutti".

Un mese il tempo trascorso a bordo della Vulcano, fino al 28 dicembre scorso. "Un periodo nel quale ho convissuto sia con i colleghi che con i pazienti condividendo spazi, esperienze e ferite – racconta – non avevo mai visto ferite di guerra, che riguardano sono solo il fisico ma anche il vissuto. Per me è stato un prendere consapevolezza di una situazione che viviamo da lontano. Esperienze che comportano un coinvolgimento emotivo: essere andato lì è stato importante, un’esperienza che rifarei".

Sulla nave il medico ha vissuto 24 ore su 24 a contatto col personale sanitario e i pazienti. "Fondamentale l’affiatamento con i colleghi – spiega - si parla di casi clinici ma trovano spazio anche le vicende personali. L’apporto che ho ricevuto non è stato solo professionale ma anche un arricchimento personale. I risultati conseguiti sono il frutto di un lavoro di squadra in cui ciascuno dava forza e supporto al collega: una collaborazione che ci ha permesso di trattare al meglio i 43 pazienti che in quel periodo sono passati sulla nave".

Tra i compiti dell’équipe medica a bordo della Vulcano, anche aver assistito alla nascita di una bambina. Il medico aretino è tornato con un grande carico emotivo e professionale, ma ha portato indietro anche le foto dei disegni fatti dai bambini curati sulla Vulcano.

"I disegni descrivono, più dei segni fisici, le ferite dello spirito ma anche la riconoscenza verso il nostro impegno – spiega Viscidi – sia mo riusciti a coinvolgerli nel gioco, i bambini hanno fatto disegni che hanno descritto il loro stato d’animo. Conservo ancora alcune foto di quei disegni che raccontano il prima e il dopo i bombardamenti descrivendo scene particolari. Molti di questi bimbi non erano mai usciti da Gaza. Erano malnutriti oltre che feriti quelli arrivati sulla Vulcano la quale, per molti di loro, ha rappresentato un punto di passaggio verso una nuova vita. Molti sono andati in Qatar".

"Attraverso i social sono rimasto in contatto con molte delle persone che ho curato e ho anche ricevuto videochiamate. Ringrazio colleghi e direttori del Dipartimento di Emergenza-urgenza Asl che mi hanno permesso di partecipare a questa operazione umanitaria" conclude Viscidi.