Marito e moglie uccisi dal Covid: ricoverato da settimane, lei era la maestra elementare

Gioli pareva fuori della fase critica, poi forse un ictus. Primo azzeramento dei casi: pesa l’ingorgo dei tamponi. D’Urso: «Ma ecco perché la frenata è reale»

A Ravenna, 33 nuovi casi di Covid-19

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Arezzo, 10 aprile 2020 - Dopo la moglia si è arreso anche lui. Dopo giorni di terapia intensiva e dopo aver assaggiato la possibilità concreta di farcela. Un fisico robusto, un carattere esplosivo, una passione per la sua città e per la sua squadra: la Sangiovannese, che già nei giorni scorsi aveva perso il presidente storico Giorgi, esce a pezzi dalla bufera del Covid. Sì, si è arreso anche Graziano Gioli, aveva 68 anni, ricoverato da tempo all’ospedale di Prato.

Forse la diagnosi finale lo darà morto per ictus, anche se in proposito non arrivano conferme. Ma chiaro che la sua tempra era stata messa a durissima prova dal contagio. Ne stava uscendo, pare avesse avuto il tempo di chiedere di sua moglie Patrizia. E di scoprirne la morte.

Una coppia spazzata via dal contagio. Qualcosa con la quale il nord si era già incrociato: tante le storie di chi si è visto portare via in pochi giorni la mamma e il babbo,Ma che qui, in una provincia battuta ma non devastata dal Covid, ti lascia senza fiato.

E lascia senza fiato una comunità intera: San Giovani Valdarno.Lei era Patrizia Bernacchioni: la maestra delle elementari Leonardo da Vinci, dopo la scoperta della malattia i suoi ragazzi erano finiti in quarantena, uscendone però tutti illesi.

Lui era Graziano Gioli: un passato in miniera a Santa Barbara, lunghi anni di entusiastico apporto al calcio valdarnese. Era stato segretario a lungo della società, compresi i tempi di un giovanissimo Sarri, e soprattutto aveva fondato la Marzocco,il settore giovanile. Guidandolo con mano sicura, facendone un’altra miniera, ma di talenti. Tecnicamente non risiedeva a San Giovanni ma in quella porzione del Porcellino in provincia di Firenze, ma era sangiovannese vero. Proprio come la moglie.

E se avessi dei dubbi te li toglie il fiume di dolore che dalla città si allunga: prima la società di calcio, poi il sindaco Valentina Vadi. Parole emozionate: in particolare per i figli che in una settimana si ritrovano ad aver perso entrambi i genitori. E la morte torna a riaffacciarsi nella Rsa di Bucine: la nona vittima del piano zero, un incubo che nessuno mai avrebbe neanche immaginato.

Stavolta è una signora di 83 anni, era ricoverata al San Donato. Il tutto in una giornata che per la prima volta vede l’azzeramento dei casi: nessuno, da Arezzo alle quattro vallate. Una frenata o il frutto del solito ingorgo di tamponi?

«Il ritardo nelle letture ha un peso ma il fenomeno resta in tutte le sue proporzioni» conferma il direttore generale della Asl Antonio D’Urso. Ed ecco perché. «Il 24 marzo erano stati letti seicento tamponi esattamente come ieri. Allora i positivi erano stati il 14,9%. Stavolta il 2,3%».

Sono dati territoriali della Asl ma danno l’idea di una frenata reale del contagio. Anche se i prossimi giorni potrebbero portare un po più su di quello zero che fa sognare Arezzo e la sua provincia. «I risultati li attendiamo dalla società privata con la quale abbiamo stretto un accordo: e ho la garanzia che l’arretrato entro domenica sarà sanato».

Il dato attuale vede meno di 60 malati negli ultimi dieci giorni e questo su dati ufficiali della Asl. Mentre resta un ritardo della sanità territoriale sul fronte di chi ha superato i sintomi ma non è ancora tecnicamente guarito. Sui tredici positivi di ieri, sempre su base Asl, dieci erano in questa condizione: apparentemente guariti ma con un tampone per l’ennesima volta positivo.

Il virus comincia a far fatica a incunearsi dalle nostre parti anche se la conferma definitiva la avremo solo a Pasqua. Ma quando ti si attacca addosso non ti molla per settimane. Come se anche lui lottasse per non arrendersi.