Madonna del Parto, capolavoro senza pace L’opera appesa a una concessione edilizia

Il sindaco Romanelli: "La sentenza deroga al divieto di ampliamento nelle cappelline dei cimiteri ma per legge è solo il 10 per cento"

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di Erika Pontini

Chissà che avrebbe detto ‘Piero’ sapendo che 500 anni dopo la sua opera, inno alla maternità, che ritrae Maria quasi una donna qualsiasi che si porta la mano al ventre e sorregge il peso della gravidanza, è appesa a una concessione edilizia del comune di Monterchi. Il paese che diede i natali alla madre dell’artista e adesso dovrà decidere se autorizzare quei pochi centimetri di ampliamento. Scartoffie che col sacro dovrebbero aver poco a che spartire. Ma tant’è.

Ci sono voluti oltre 10 anni di contese giudiziarie, tre gradi di giudizio, 200mila euro di spese legali (prima con la Diocesi, poi con il Mibact) e adesso il destino della Madonna del Parto resta legato a un visto del Comune, come una qualunque veranda pagana per il barbecue, che dovrà eventualmente concedere il via libera alla cappellina cimiteriale che il ministero dei Beni culturali ha scelto per accogliere nuovamente l’opera di Piero nel posto in cui la dipinse nel 1450 circa. Anzi, no. Perché la chiesa originale venne abbattuta nel 1786 e con essa i rosoni che la illuminavano al sorgere del sole, al suo posto realizzato prima un cimitero e poi la cappella di 30 metri quadrati.

Sarebbe un luogo idilliaco, immerso nella verde campagna toscana al confine con l’Umbria che ‘guarda’ al borgo fortificato e, se non fosse per lo spazio angusto, l’umidità che sale dal torrente Momentana e ha già ammalorato il pavimento nuovo, e il contesto lugubre, sarebbe il palcoscenico perfetto per far rivivere il mistero della Vergine. Così non è più e, nel frattempo, la Madonna ha trovato casa in una ex scuola trasformata in museo ma con una sola opera: un luogo destinato altrimenti a ‘morire’. Ma in cui tra Comune, Regione e Stato è stato speso oltre mezzo milione di euro. Doveva essere una collocazione momentanea si è trasformata in un luogo permanente. C’è una sala multimediale con il video che racconta la storia e l’architettura dell’opera, i corridoi che ospitano i frammenti della Madonna del Latte trovata sotto l’affresco e la stanza che custodisce il dipinto protetto da una teca climatizzata che, solo a occhio si vede non potrà nemmeno entrare dalla porta della cappellina.

Adesso che il Consiglio di Stato si è pronunciato attribuendo al Ministero il potere di decidere sulla conservazione del dipinto, e ritenendo di poter anche derogare al divieto di ampliare le cappelle dei cimiteri (ma secondo il Comune di non più del 10 per cento) l’ultimo sì spetta ancora al Municipio. E la contesa, nonostante gli appelli alla collaborazione, sembra lontana dall’esser risolta.

"Siamo poco più di mille abitanti, ben poca cosa verebbe da dire. Gente mite e accogliente ma

non toccateci la Madonna del Parto", ripete il battagliero sindaco Alfredo Romanelli, in sella da due legislature che, di tanto in tanto, si lascia prendere dalla voglia di un terzo mandato se non volesse convincere la giovane assessora alla cultura, Manuela Malatesta a prendere le redini della cittadina. E’ lei, 29 anni, di buon mattino ad aprire la scuola-museo. "Il custode ha avuto una colica - quasi sussurra al sindaco per non farsi sentire - e così sono venuta di corsa io". Ci sono pochi turisti stranieri il lunedì mattina venuti apposta ad ammirare la ‘Madonna’ restaurata nel 1992 e poi ’blindata’. "E se è vero che il Ministero ha il diritto alla conservazione del bene l’opera è di proprietà di Monterchi e siamo pronti a tutto, denunce comprese, se qualcuno la dovesse mettere a repentaglio". Romanelli corre avanti e indietro, parla con tutti ma l’idea resta la stessa: "Lì proprio non ci si può mettere la Madonna eppoi...". Eppoi? "Il Consiglio di Stato ha autorizzato la deroga all’ampliamento che per 25-30 metri quadrati significano zero, al di là che sarà proprio il Comune a dover autorizzare la concessione". E intanto si pensa a una consulenza idrogeologica perché fotografi la situazione ambientale: il torrente che scorre accanto non si può certo spostare. Bella bega, verrebbe da dire, in una questione in cui le amministrazioni sono sovrane. Ma qui nel borgo della mamma di Piero si consuma questa battaglia di Davide contro Golia. Non sono andate giù nemmeno quelle pagine del verdetto in cui Monterchi viene additata come una sorta di mercante dell’arte. "Da pagina 5 a pagina 7 - recita a memoria Malatesta - ci hanno detto che volevamo sfruttare l’opera a fini commerciali. Se lo potevano anche risparmiare". Gli fa eco Romanelli "non l’ho inventato io lo slogan che con l’arte non si mangia". Anzi. A suon di 30mila visitatori l’anno "riusciamo almeno ad andare pari". E poi questa "regola secondo cui ogni opera deve tornare al suo posto.. .Ma vale proprio per tutti?".