"Io, nella Cina sotto assedio per il contagio": racconto nei giorni del virus

La ragazza di Stia vive a Shenzen. «Lontano da Wuhan ma tra i malati un mio vicino. Edifici chiusi e ingressi ridotti». Ora è in Malesia: così non lavora più, se torna è bloccata

Giulia Sabato

Giulia Sabato

Arezzo, 9 febbraio 2020 - «Adesso sono in Malesia ma devo andare in America per lavoro e non so come fare perché se torno in Cina dove abito poi non mi posso spostare». A parlare è Giulia Sabato, casentinese di 33 anni, stiana di nascita ma cinese di adozione. Dal 2012 infatti Giulia abita e lavora a Shenzhen, una città della Cina sud-orientale.

E’ a oltre mille chilometri da Wuhan, l’epicentro del contagio. Ma l’incubo che sta vivendo un intero popolo lei lo sta vivendo sulla pelle. Per riprendere la sua attività deve tornare in Cina ma se lo fa da lì non si muove più chissà per quanto. Come fose prigioniera di un contagio «invisibile» Anche lei si è trovata impreparata davanti all’epidemia che ha colpito il popolo asiatico.

«Sono molto legata a questo paese e quello che è successo ci ha sconvolto – racconta Giulia – tra l’altro fino al 19 gennaio non era stato dato nessun allarme, nessuno parlava di epidemia nè di Coronavirus. Dal 23 sono iniziati ad arrivarmi messaggi dall’Italia, un allarme lanciato dai media internazionali poi dopo anche quelli cinesi hanno cominciato a parlarne come un possibile ritorno di una variante della Sars che colpi l’Asia nel 2003».

Questa nuova epidemia sta facendo tremare ancora una volta un intera popolazione che lotta per contenere i contagi. «Da fine gennaio in tutto il territorio è arrivata l’allerta, hanno detto di non uscire di casa, mettere la mascherina per andare nei luoghi pubblici, insomma tutte le indicazioni da adottare per evitare il contagio. Il Coronavirus fa paura perché ha colpito una popolazione di 1 miliardo e 400milioni di abitanti: un virus esploso per il capodanno cinese, quando c’è l’esodo più grande che aumenta ancora di più il rischio contagio».

«App» per il controllo dei casi in tempo reale, strade e negozi deserti, persone chiuse in casa: Giulia è testimonedi quello che avviene anche se lontano dall’epicentro. «Ogni persona che vive qui ha scaricato un app per vedere in tempo reale l’evoluzione dei contagi, quanti muoiono e quanti guariscono. Si può vedere anche se vicino a dove si abita ci sono stati casi, io per esempio ho scoperto che alcuni giorni fa è stata colpita una persona che vive a 200 metri da me.

A Shenzhen hanno chiuso diversi edifici e ridotto gli ingressi e le uscite per poter misurare la febbre e controllare se ci sono sintomi sospetti». Un momento difficile per tutti ma in particolare per chi come Giulia sente la Cina come una seconda casa. E si attacca ad ogni filo di speranza,

«Sembra che da lunedì ci sia la possibilità di tornare al lavoro ma non so se questo sarà possibile. Rientrare in Italia poi non è stato il mio primo pensiero - conclude Giulia - anche perché sono stati chiusi i voli diretti ma delle persone che conosco in questi giorni sono rientrate facendo scalo a Dubai e al loro arrivo a Roma e a Milano non sono state controllate da nessuno, non mi sentirei poi così sicura. Spero che le cose tornino alla normalità prima possibile. Per il bene di tutti: e perché ognuno di noi possa ricominciare la sua vita».