Il parroco: "Non ho parole". Il clima? "Vedo gente stremata e che non sa chiedere aiuto"

Don Angelo è l'anima del paese, vicino anche agli stranieri: «Troppe povertà, prego per la mamma e il fratellino». Un testimone: "Ero in garage, una scena da incubo"

Don Angelo Sabatini

Don Angelo Sabatini

Arezzo, 22 aprile 2020 - Sul momento non lo riconosce neanche il carabiniere che con gentilezza invita passanti e curiosi a rimanere ben lontani dalla fettuccia bianca e rossa tirata per circoscrivere la scena del crimine. Ma la mascherina che copre gran parte del volto lascia intravedere gli occhi espressivi e pieni di umanità di don Angelo Sabatini, da sempre la guida spirituale dei levanesi, capace di riunire nella chiesa della frazione i parrocchiani dei diversi comuni in cui è diviso il paese. «Appena mi hanno informato che era successo qualcosa di incredibilmente grave sono subito venuto per capire e, se del caso, per confortare.

Di fronte ai particolari che mi hanno raccontato però è davvero difficile trovare le parole». In stretto contatto con le varie comunità di stranieri presenti a Levane, il sacerdote non conosceva nello specifico la famiglia, anche se spesso e volentieri concede i locali della parrocchia agli immigrati dal sud est asiatico per i loro ritrovi, i momenti di socializzazione e per i vari progetti che mirano all’integrazione, ad esempio i corsi di lingua italiana.

«Prego per la bimba e spero che il fratellino si ristabilisca al più presto. Il mio pensiero – ha proseguito – va alla madre che si trova a vivere una situazione di sofferenza così tremenda. Non ho idea di cosa possa essere accaduto, ma di certo so che in tanti in questo momento stanno pagando a caro prezzo questa emergenza sanitaria e sono in condizioni di bisogno crescente.

Tante le nuove povertà che riscontro anche nella nostra realtà nonostante il benessere degli ultimi anni. E in molti provano vergogna nel chiedere aiuto anche se magari hanno necessità del pane quotidiano».

Don Angelo si è avvicinato poi all’imbocco della strada che sale verso la palazzina, fermandosi per una preghiera. Nel frattempo affiorano altre testimonianze, quelle dei vicini che ricordano, pur non avendo contatti quotidiani con la coppia e i due bambini, di aver visto i fratellini appena due giorni prima della tragedia giocare nel cortile, in una bella giornata di sole.

L’opposto di quella di ieri, sferzata da pioggia e raffiche di vento. Il cordoglio è profondo e lo shock va a braccetto con la paura di chi ha sentito le grida disperate risuonare nel silenzio del quartiere residenziale attorno all’ora di pranzo. Una dirimpettaia afferma di essere uscita di corsa dal garage al piano terra quando ha udito le urla laceranti del bambino che scappava.

«Un’immagine che non dimenticherò mai – continua – è quella del babbo che aveva in mano una specie di roncola, sembrava un machete, e nudo correva verso il pozzo. Mi sono talmente impressionata da rintanarmi in casa». Poi l’allarme, la sequenza delle sirene, l’arrivo dei mezzi dei Carabinieri, del 118 e dei Vigili del Fuoco che hanno richiamato sul posto nonostante il distanziamento sociale una piccola folla di persone.

E alla fine di un martedì nero quello che rimane come sentimento generale è l’incredulità, lo sgomento per un fatto gravissimo che ha spezzato la vita di una creatura indifesa strappandole il futuro.