SergioRossi
Cronaca

Graziano, cattura lampo: la Procura apre gli uffici, da qui parte l'ordine di carcerazione

A riceverlo il maresciallo Tommaso Surico, già a Roma. I carabinieri suonano al campanello del convento, il trasferimento si chiude all'alba a Rebibbia

Graziano portato via dai carabinieri

Arezzo, 22 febbraio 2019 - La notte convulsa di Padre Graziano ha inizio alle 22,40 circa. Da pochi minuti la Corte di Cassazione ha emesso il suo verdetto: conferma della sentenza di appello e condanna definitiva per il sacerdote congolese, 25 anni di carcere di cui poco meno di quattro scontati in gran parte ai domiciliari.

Graziano non ha nemmeno il tempo di metabolizzare la notizia perché si trova subito addosso i carabinieri al convento premostratense per portarlo in carcere. E’ qui che si apre il capitolo della velocissima traduzione a Rebibbia dove il religioso congolese si trova recluso fin dall’altra notte. Ad Arezzo, in attesa della sentenza, era stata tenuta aperta in procura la cancelleria dell’esecuzione.

E’ questo infatti l’ufficio dove sarebbe dovuta arrivare per Pec la comunicazione del verdetto: procedura incardinata sul fatto che la condanna di primo grado non era stata riformata nel processo di appello a Firenze e rimaneva quindi Arezzo la sede naturale a cui notificare il pronunciamento romano. Così, immediatamente dopo l’uscita della Corte dalla camera di consiglio, da Roma è partita la posta certificata verso la cancelleria.

Il pubblico ministero Marco Dioni, titolare dell’inchiesta che aveva portato all’incriminazione di Padre Graziano, aveva già pronto l’ordine di esecuzione; avvisato dell’arrivo della Pec, Dioni ha raggiunto subito la procura, ha firmato l’ordine e lo ha inviato in tempo reale al maresciallo dei carabinieri Tommaso Surico, in servizio di polizia giudiziaria, già a Roma aspettando gli eventi.

E’ stato dunque lui ha guidare la squadra che ha prelevato il sacerdote in convento, trasferendolo, dopo una breve sosta al Comando generale dell’Arma, direttamente al penitenziario di Rebibbia e non già a Regina Coeli come si pensava in un primo momento. Uno degli ultimi a parlare con Graziano è stato l’avvocato Riziero Angeletti che lo ha assistito nel corso di questo lungo iter giudiziario.

«Era sconvolto e parlava a fatica - racconta Angeletti - non ha fatto nemmeno in tempo a realizzare cosa gli stava succedendo visto che i carabinieri sono arrivati subito a prelevarlo». Spiega Angeletti «che mai lo avevo sentito così prostrato in occasione delle due precedenti sentenze di condanna, credeva fermamente che l’ultimo verdetto sarebbe stato diverso». Quanto alla celerità della traduzione in carcere, sarebbe la prassi nel caso di sentenze così importanti.