Salvatore Mannino
Cronaca

Fort Knox all'ultima boa: entro un mese 50 a sentenza tra patteggiamenti e riti abbreviati

Solo in otto verso il rinvio a giudizio. Squarcialupi junior chiede la messa in prova. Quasi per tutti reato derubricato da riciclaggio a ricettazione

Finanziere impegnato enll'inchiesta

Arezzo, 17 maggio 2017 - Ormai siamo al volatone finale. Tempo un mese e anche il caso Fort Knox, il gigantesco traffico di oro in nero verso la Svizzera che ha inguaiato decine di imprenditori fra cui più di un Vip, andrà in archivio. Sì, in archivio, nonostante quella che si sta svolgendo dinanzi al Gup Marco Cecchi sia in teoria solo un’udienza preliminare. Ma il processo vero e proprio non si farà mai.

O se si farà sarà un procedimento mini. In più di cinquanta sulla sessantina di imputati hanno scelto infatti il patteggiamento, il giudizio abbreviato o la messa in prova, tutti riti alternativi al dibattimento. Restano otto accusati del filone napoletano, che sembrano decisi ad affrontare la prova del rinvio a giudizio. Ma prima chiedono l’incompetenza territoriale dei giudici aretini.

I patteggiamenti erano stati il grande tema dell’ultima udienza, in aprile, quando c’era stata una corsa di massa verso la richiesta di applicazione della pena, come si chiama correttamente quello che volgarmente si definisce patteggiamento. Si resta nel limite dei due anni perchè il reato è stato derubricato dall’originario riciclaggio nella più tenue ricettazione. Di qui la fuga collettiva verso questa uscita di sicurezza, scelta da quello che è considerato il capo dei capi del traffico, lo svizzero albanese Petrit Kamata e dal suo ultimo referente aretino, l’imprenditore orafo Michele Ascione, la cui villa di San Giovanni dei Mori, Fort Knox appunto, era il punto di riferimento del traffico. Qui, il 12 ottobre 2012, un blitz della Finanza sorprese uno scambio in diretta, due milioni di contanti contro due di verghe d’oro fra uno spallone svizzero e lo stesso Ascione.

Un mese dopo il clamoroso scoppio del caso, con decine di perquisizioni e di sequestri. Ieri, all’ennesimo appuntamento in aula, altri imputati si sono accodati alle richieste di patteggiamento. I riti abbreviati proposti sono una manciata, due le messe in prova. Una fa rumore perchè riguarda il più eccellente di tutti gli accusati, Andrea Squarcialupi, amministratore delegato di Chimet, gigante dell’oro, e figlio di Sergio, il fondatore nonchè patron di UnoAerre.

La scelta dei suoi avvocati, Antonio D’Avirro e Roberto Alboni è per un istituto mutuato dal diritto minorile, che consente con un periodo di volontariato presso i servizi sociali, di cancellare il reato. Il vantaggio per un imprenditore di vaglia come Squarcialupi junior è che la ricettazione di cui è accusato si estingue, in fedina penale non resta niente.

Alla prossima udienza, il 6 giugno, il Gup Cecchi si pronuncerà sulle richieste di incompetenza territoriale presentate da un plotoncino di imputati campani. Secondo i loro avvocati, giudicare dovrebbe toccare al tribunale di Napoli. Inutile dire che il Pm Marco Dioni, che ha seguito le indagini fin dal principio e che ha già dato parere favorevole sulle richieste di patteggiamento degli altri, si oppone.

Il 28 giugno, finalmente, dovrebbero arrivare i verdetti, col giudice che dice se i patteggiamenti sono a suo avviso congrui rispetto ai reati e decide se condannare nei casi di rito abbreviato. Poi, dopo quasi 5 anni, calerà il silenzio. Ma Fort Knox ad Arezzo non se la dimenticherà nessuno. Nella capitale dell’oro è un caso di nero illegale come mai se ne erano visti, 180 milioni di verghe e lingotti in Svizzera: il 10 per cento dell’export di un anno.

di Salvatore Mannino