
Chiara Bersani all'Università
Arezzo 6 marzo 2019 - Si è raccontata agli studenti del Dipartimento universitario aretino in una sala dei grandi al Campus del Pionta piena anche nei posti in piedi. Invitata dai docenti Loretta Fabbri, Claudio Melacarne, Marica Setaro e Alessandra Romano. Un racconto ma anche una lezione di vita, di quelle normali fatte di dubbi, di contraddizioni, di cambi di rotta continui, ma anche di tanti progetti che via via le fanno cambiare strada. Come la decisione di “sparire” dalle scene per stare dietro le quinte, alla scrittura e alla regia, lei attrice vincitrice del Premio Ubu 2018 come miglior attrice-performer under 35, uno spettacolo in tour e quindici anni di lavoro alle spalle, lei, la prova che si può fare teatro con un corpo diverso, “non conforme”, per lasciare il palcoscenico e a un attore, bello, Matteo Ramponi.
Lei, Chiara Bersani, che con il suo corpo reso imperfetto da una malattia, la osteogenesi, ha insegnato al pubblico a non guardarla più come diversa ma perché brava ed emozionante, senza pregiudizi. Lei che si sente una “disabile privilegiata” perchè è nata in Italia, al nord, perché ha potuto curarsi gratis, ha potuto muoversi e viaggiare, ha posto sottoporsi a cure sperimentali che su di lei hanno funzionato e ha potuto studiare nelle scuole normali. “Sono appena tornata da Vienna per mettere a punto un progetto Erasmus e lì ho scoperto che i bambini disabili vengono messi in scuole speciali, isolati, segregati dagli altri bambini, senza integrazione - racconta Chiara - se sono fortunati faranno il loro ingresso nella società a trent’anni. Proprio questi privilegi mi hanno dato una responsabilità enorme, essere presente come artista e come attrice in un sistema che non prevede attori disabili. Ma posso farlo a nome di tutti, anche a nome di chi è allettato mentre io non lo sono mai stata, o che per vivere è costretto a stare attaccato a una macchina o che non è più in grado di esprimersi, sono veramente un simbolo?”
E’ veramente una donna speciale Chiara Bersani, e non certo per la sua non conformità fisica. Dopo il premio Ubu continuerà a girare l’Italia, l’Europa e anche fuori Europa con il suo spettacolo “Gentle unicorn”, ma annuncia “sto preparando a due nuovi lavori, ma non voglio più essere in scena, anche se amo sentire gli sguardi sul mio corpo. Sarà un lavoro politico che parla di questo periodo storico e della chiusura dei porti e non più della disabilita, ma ho paura. Voglio uscire dalle mie opere e diventare sguardo, ma questo passaggio potrebbe porre fin al mio momento di gloria ora che tutti hanno scoperto solo in questo ultimo anno che sono brava e mi fanno firmare contratti. Proprio ora ho deciso di non cavalcare l’onda. E per il progetto Erasmus ho deciso di lavorare sul linguaggio nelle università, ci sono troppe parole che hanno acquisito una valenza negativa se riferite alla disabilità". Che fosse speciale lo sapevamo. Ora più che mai.