
Helenia Rapini la volontaria Enpa di 29 anni che morì in un incidente stradale nel dicembre del 2019. Adesso il processo si riapre
Caso Helenia, la corte di Appello di Firenze ha comunicato i nomi dei due consulenti a cui affidare l’incarico per la perizia. Si tratta del medico lecale Brunero Bemigliomini di Prato e il professor Guido Mannaioni di Firenze. L’incarico verrà conferito loro l’11 marzo nel corso nell’udienza che è stata fissata ieri a palazzo di Giustizia.
Al centro del caso c’è la morte di Helenia Rapini la volontaria Enpa di 29 anni che morì in un incidente stradale nel dicembre del 2019. Chi procovò lo schianto andò a processo per omicidio stradale e venne assolto in primo grado. “Il fatto non costituisce reato”, scrisse la gip Giulia Soldini nella sua sentenza. Significa che il fatto è stato commesso ma non costituisce reato perché il 49enne alla guida soffre di una sindrome che non lo rende imputabile. Era questa la tesi della difesa che poi convinse anche il tribunale. Adesso però il caso è riaperto e se ne discute a Firenze, alla corte d’appello. Ieri i giudici hanno individuato due giudici dopo due fumate nere in cui non si è trovato nessuno.
Il nodo da sciogliere riguarda lo stato di salute dell’imputato. Secondo gli avvocati della difesa, Davide Scarabicchi e Giulia Brogi, il 49enne è affetto dalla sindrome delle apnee ostruttive del sonno che gli avrebbe causato, per l’appunto, un colpo di sonno. E per questo poi si sarebbe schiantato con l’auto che stava guidando Helenia, uccidendola. La teoria è stata supportata dal professor Pasquale Macrì, incaricato dalla difesa, e dal professor Piero Guido Ciabatti, nominato dal tribunale. Si tratterebbe di una malattia di cui l’uomo non sapeva di soffrire ma che si è manifestata quando era alla guida in quella strada di Ristradelle Una sindrome che vale come scriminante nel procedimento penale. E da qui l’assoluzione. Il verdetto non ha però convinto la famiglia che incaricò l’avvocato Francesco Valli per depositare in procura una memoria e una nuova perizia. A quel punto il procuratore di allora, Roberto Rossi, impugnò la sentenza facendo leva sull’esame di professor Tommaso Todesco che spiegò che la causa del sinistro era in realtà da condurre all’assunzione di un sonnifero. Adesso tutto da rifare, con l’ennesima perizia.