
Barbara indica una delle buche presenti sulla via davanti a casa
Palazzo del Pero, 1 giugno 2025 – “Sono in carrozzina, ho fatto reclami, ma non riesco a uscire”. A parlare è Barbara Minucci, la donna rimasta invalida dopo un’ischemia e già vittima, lo scorso marzo, di una violenta rapina nella sua casa di Palazzo del Pero, alle porte di Arezzo. Oggi torna a raccontare una nuova difficoltà, stavolta legata alla quotidianità: non può nemmeno uscire di casa, perché il tratto di strada che conduce alla sua abitazione è dissestato, pieno di buche e irregolarità. “Sono 150 metri, ma per me sono un muro. Il fondo è talmente malridotto che anche con l’aiuto di qualcuno è difficile passare. Io sono costretta a stare chiusa in casa, come se fossi agli arresti domiciliari. Ma io non ho fatto niente per meritarmi questa condizione”.
Il problema non è recente. “Sono mesi che segnalo la situazione. A volte qualcuno viene a tappare le buche, ma dopo pochi giorni tutto torna come prima. Nessun intervento definitivo, solo rattoppi improvvisati”, spiega Barbara. La donna vive con il compagno, ma spesso resta sola. E anche gli assistenti sociali che la seguono esitano ad accompagnarla.
“Mi hanno detto che spingere la carrozzina su quel tipo di strada è pericoloso. Temono di farmi male. Solo un vicino di casa, ogni tanto, si offre di portarmi fuori. Ma io ho bisogno di uscire, di respirare, di vedere qualcosa oltre le pareti della mia stanza. Stare chiusa tutto il giorno non è vivere. È resistere”. E aggiunge: “Non chiedo un favore. Chiedo solo il minimo per vivere con dignità, come ogni altra persona”.
Nel frattempo, resta vivo il ricordo della violenza subita. La notte in cui due uomini col volto coperto entrarono in casa, la legarono con del nastro adesivo, la gettarono a terra e le rubarono sessanta euro e pochi gioielli. “Da allora ogni rumore mi provoca ansia. Ho crisi di panico. L’altro giorno ho avuto un’altra piccola ischemia, sono dovuta restare a letto per ore. La paura non passa, si è infilata nella mia testa”. Sta seguendo un percorso di sostegno psicologico, ha cominciato un ciclo di sedute, ma la ferita non è chiusa.
“Mi sto facendo aiutare, i servizi sociali mi sono vicini, ma ogni giorno è una sfida. Una salita continua. E questa strada davanti casa è solo un altro ostacolo che si aggiunge a tutti gli altri”.