
Piero Mancini
Arezzo, 25 settembre 2019 - Piero Mancini, il presidentissimo per eccellenza, non solo del gruppo Ciet sprofondato nel crac ma anche dell’Arezzo di Conte e Sarri, riemerge dall’aula sorridente, con la solita rosa rossa infilata nel taschino, una delle sue abitudini. Nè gli manca la voglia di commentare coi cronisti le ultime vicissitudini dei suoi ex amaranto. Del processo per bancarotta di cui è il principale imputato, invece, non parla. Forse perchè le cose non si mettono benissimo, anche se lui, come sempre, sprizza energia e ottimismo da tutti i pori.
C’è un foglietto, prodotto dal Pm Marco Dioni nel corso della prima udienza veramente importante, che rischia di costare caro al patron. E’ un file Excel con l’elenco dei prelievi che Mancini ha fatto dalle casse della Ciet Impianti per sei anni, dal 2006 al 2012: una lunga ridda di cifre il cui totale è un milione e 435 mila euro, quanto appunto gli viene contestato nel primo dei capi imputazione, quello per le distrazioni dai conti per uso personale.
Un utilizzo per se stesso di cui, per ora, non emerge ancora la prova sicura, ma certo un documento come quello ritrovato dalla Guardia di Finanza durante le indagini preliminari può rivelarsi assai antipatico. In sostanza, spiegano gli addetti alla contabilità chiamati a testimoniare dal Pm Dioni, era una sorta di promemoria di cuò che poi andava inserito a bilancio: assegni intestati a se medesimo (prassi che al tempo era ancora legale) che i dirigenti della società riscuotevano in banca, girando poi il contante al patron.
A volte piccole somme, intorno ai mille euro, a volte cifre più consistenti. I testi dicono di non sapere quale fosse l’uso finale che ne facevaMancini. Gli avvocati difensori provano a suggerire che servisse per pagamenti di interesse dell’azienda, magari in nero. Sarebbe comunque illegale, ma è tutto prescritto e poi meglio un reato fiscale che una bancarotta fraudolenta. Ma nomi e cognomi per adesso non vengono fuori.
E’ un capitolo non esattamente gradevole di un crac assai più vasto: 30 milioni usciti da Ciet, 14 dal Mancini Group,, 13 dalla Mancini Real Estate e 3 dalla Cometi di Sansepolcro. Sono esattamente i tre sui quali viene chiamata a testimoniare Maurizia Baldantoni, ex amministratrice delegata. Il suo racconto, però, viene interrotto a metà da Luca Fanfani, difensore di Jessica Mancini, la figlia del patron, che chiede se la signora non stia rendendo dichiarazioni autoindizianti. Il tribunale, presieduto da Giulia Soldini, sospende l’esame.
Gli atti finiranno in procura, l’iscrizione dell’ex Ad come indagata pare scontata. Gli altri imputati sono Giovanni Cappietti,nipote del presidentissimo, difeso sempre da Fanfani, Augusto Sorvillo e Paolo Grotti, già amministratori del gruppo. Il reato è per tutti bancarotta fraudoleta, Mancini ha per avvocato Maurizio Canfora.