
La carriera vincente di Gian Maria Scortecci agli spareggi
Arezzo, 4 settembre 2018 - GIANMARIA SCORTECCI, lei è l’uomo-copertina dell’ultima Giostra. Due 5 perfetti e lancia d’oro. È la sua vittoria più bella?
«Il centro due volte lo avevo già colpito nel 2015 ma quella volta perdemmo allo spareggio con Sant’Andrea. Quello che ho fatto in piazza conta poco, su questo ragiono da quartierista: conta solo la vittoria del quartiere, i miei punteggi vengono dopo». «Ragiono da quartierista».
Si ricorda che Martino Gianni disse che era il suo tallone d’Achille perché galoppava troppa pressione. Ma in piazza adesso pensa in maniera diversa, evidentemente...
«C’è un episodio del 2014 che mi ha fatto scattare la molla, prima del Saracino di giugno i dirigenti mi comunicarono che il mio posto da titolare non era assicurato. Eppure avevo vinto tre Giostre su quattro: gestire la tensione di quel momento mi ha aiutato a entrare nei panni del giostratore nella preparazione della sfida».
Cosa è fondamentale per prepararsi a correre in lizza?
«Sono due aspetti. Dal punto di vista tecnico la qualità del lavoro è più importante della quantità anche se da marzo a settembre a San Marco La Sella il lavoro è praticamente quotidiano. E poi c’è l’aspetto mentale: sono un autodidatta ho letto molto e ci sono delle tecniche che ti aiutano molto nella concentrazione».
Nelle prove aveva fatto vedere grandi cose. Le ha confermate...
«Soprattutto all’inizio poi avevo perso qualche certezza ma alla fine serve anche il dubbio che non ti fa rilassare troppo. Semmai ci terrei a dire due cose: le lance da prova sono quelle scartate: sotto peso, fuori misura. Non va bene perché la preparazione oggi non può essere affidata a strumenti diversi da quelli che si usano in Giostra. E poi c’è la lizza, davvero troppo morbida quest’anno, così si rischiano seri infortuni ai cavalli».
Dovrebbe rivolgere le sue lamentele a un certo Franco Scortecci dell’Istituzione Giostra... A parte gli scherzi, il fatto di essere il figlio del presidente le crea qualche imbarazzo?
«Assolutamente no. L’aspetto tecnico è completamente slegato, mio padre ha un ruolo amministrativo. Nella settimana della Giostra ci vediamo solo in piazza, ognuno con il suo ruolo».
Ha speso parole d’elogio per Vedovini e per il suo Peter Pan. Anche per lei non sarà facile rinunciare a Napoleone...
«Ci ho vinto tre lance su quattro edizioni, ho colpito sei centri in sette carriere... ma non è solo l’aspetto delle prestazioni. Con lui si è creato un rapporto speciale, di un’intensità devastante. In Giostra è difficile trovare cavalli di qualità come lui e Peter Pan, anche se Enrico è davvero il migliore. Voglio ringraziare pubblicamente Luca Veneri che in maniera del tutto disinteressata, dopo che avevo perso la lancia con Palmasol nel 2015, mi chiamò e mi consigliò di contattare Giovanni Bracciali, proprietario di Napoleone. Mi ha cambiato la vita».
Su chi la vedremo nel 2019?
«Su Doc, ci ho corso a giugno». Ma ci ha fatto 3... «Crediamo di avere individuato il problema e confidiamo di risolverlo...».
Molti a giugno dicevano che l’assenza di Martino Gianni vi aveva fatto perdere punti di riferimento. Li avete smentiti alla prima occasione.
«Martino per me, dal punto di vista tecnico, è stato fondamentale. Ogni tanto in Giostra si tende a dare giudizi affrettati: in 4 secondi e mezzo ci si gioca tutto. Secondo me nella notturna avevamo troppa voglia di dimostrare e abbiamo perso concentrazione. Stavolta eravamo più calmi e determinati».