Buti, omicidio senza risposte: assolto Cavatassi, ma chi fece uccidere il ristoratore?

La Farnesina conferma il ribaltamento della corte suprema di Bagkok. Esecutori mai presi. Denis, prima condannato come mandante, sfugge alla pena di morte

Luciano Butti

Luciano Butti

Arezzo, 18 dicembre 2018 - Chi ha ammazzato Luciano Butti, anzi chi lo ha fatto ammazzare a Phuket, la capitale del turismo thailandese? Già, perchè la notizia del giorno, amplificata da tutti i media nazionali, è l’assoluzione, dopo un periodo di carcere che lui denuncia come disumano, del socio in affari Denis Cavatassi, originario di Tortoreto Lido in provincia di Teramo, condannato a morte nel 2016 come mandante del delitto e ora prosciolto in via definitiva dalla Corte suprema di Bangkok.

E se lui non c’entra, come ha sempre giurato fin dal giorno in cui fu arrestato, poche ore dopo l’omicidio, e come hanno continuato a ripetere i parenti, in primis la sorella Romina, protagonisti di una lunga battaglia per riaverlo libero, qual è il vero sfondo di questo giallaccio a tinte esotiche? Luciano Butti, 60 anni, di Montevarchi ma ormai thailandese di adozione, sopravvissuto allo Tsunami del secolo negli ultimi giorni del 2004 con un’avventura alla Robinson Crusoe, fu ucciso come un cane in mezzo alla strada, mentre era alla guida di una moto Honda noleggiata, steso a colpi di pistola da un commando di killer il 15 marzo 2011.

Tre giorni dopo, a suggello di un’inchiesta lampo, la polizia locale arrivò al manager che per conto del valdarnese gestiva i suoi investimenti nella zona di Phi Phi Island, il vero paradiso del turismo thailandese, a cominciare dal ristorante «Ciao Bella», tale Yongjit Phrasong, incastrato dall’ultima telefonata con Butti che era proprio la sua.

Lui confessò quasi subito e chiamò in causa appunto Cavatassi: è stato lui a darmi l’incarico di ingaggiare gli assassini. Il movente sarebbe stato un debito di 8 milioni di Bhat, la moneta del posto, equivalenti a 250 mila euro, che l’abruzzese aveva con il montevarchino. Pagare i killer gli sarebbe costato, sempre nella versione di Phrasong, appena 3 mila euro, poco più di niente.

Finirono in galera tutti e due, il thailandese e l’italiano, che negò tutto con decisione fin dal primo momento: mai avuti debiti con Luciano, anzi siamo sempre stati amici, anche in affari, fin da quando l’ho aiutato a ricostruire il «Ciao bella» dopo lo tsunami. Dal carcere Cavatassi uscì quasi subito su cauzione, ma tutti i gradi di giudizio si conclusero con lo stesso verdetto, colpevole, e la stessa pena, quella di morte. Compreso il primo giudizio della corte suprema, che ora ha ribaltato tutto.

Ma se Denis esce assolto e autorizzato a tornare in Italia, cosa resta della ricostruzione del delitto Butti? Praticamente niente, se non la confessione di Phrasong, sulla quale a questo punto restano tuttavia fieri dubbi. Davvero crollò quando la polizia gli mostrò i tabulati con la sua ultima telefonata oppure i metodi degli inquirenti locali, che non vanno esattamente famosi per il garbo, lo convinsero a inventarsi la prima balla che gli passava per la testa?

Gli esecutori materiali furono allora individuati, ma (stando almeno alle notizie dei giornali locali) mai catturati. Erano personaggi del sottobosco malavitoso di Phuket. Chi li pagò allora per ammazzare Butti? La liberazione di Cavatassi rimanda a casa un innocente ma riapre anche un giallo mai risolto fino in fondo.