"Andrea Camilleri era mio nonno". Arianna debutta a Zenzero Fest: romanzo familiare di Mortelliti

Oggi alle 18.30 appuntamento nella sala conferenze della Biblioteca Città di Arezzo. Presenta il romanzo familiare dal titolo: "Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni".

Un debutto letterario intrigante quello che Arianna Mortelliti presenta a Zenzero Fest, la rassegna in programma oggi alle 18.30 nella sala della Biblioteca di Arezzo. "Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni" (Mondadori), è un romanzo familiare scritto calibrando suspense e informazioni all’interno di una struttura a dialoghi che permette di ricostruire le vicende della famiglia Baldi. Il coma profondo in cui cade Arturo, 95enne, è l’evento che innesca un susseguirsi di riflessioni profonde e intime.

Arianna, perchè ha deciso di raccontare questo momento?

"Scrivere il romanzo è stato terapeutico. Ho avuto una persona cara in coma per un mese e scrivere lasciandomi andare alla fantasia mi ha aiutato".

Ha immaginato di essere Arturo?

"Il libro è scritto dal suo punto di vista, perchè durante il tempo vissuto accanto a quella persona, mi sono chiesta continuamente, se avesse percezione di tutto ciò che lo circondava. Non potendomi rispondere con la ragione ho provato a farlo con la fantasia".

Arturo è circondato da molte donne. Una che le somiglia?

"Diciamo che forse un po’ tutte le donne del libro hanno qualcosa di me. In particolare Nina, la nipote più piccola di Arturo".

Come accade che una biologa, come lei, scopra la passione per la scrittura?

"Quella per le scienze e per la scrittura, sono passioni che ho sempre avuto. Fin da bambina ho scritto quotidianamente un diario e ho continuato a farlo anche in età adulta. La scrittura mi ha sempre aiutato a superare i momenti, più o meno difficili, della mia vita. Questa volta però il diario non mi è bastato e ho voluto provare a cimentarmi nella stesura di un romanzo".

Avrà influito anche essere cresciuta con nonno Andrea Camilleri...

"Soprattutto negli ultimi anni della sua vita, gli sono stata molto vicina. Sono stata i suoi occhi e le sue mani. L’ho aiutato nella stesura di "Autodifesa di Caino", quando da solo non riusciva più a farlo. Quell’esperienza mi è servita tantissimo. Anche se l’ho scoperto dopo, perchè in quel momento non pensavo di scrivere un romanzo".

Qual è l’insegnamento professionale, il trucco narrativo, del nonno che le è stato più utile nella stesura del libro?

"Sicuramente due. Lui diceva sempre ‘buttiamo giù, anche se non è perfetto, lo sistemiamo dopo’. E, per il romanzo ho fatto proprio così, come mi veniva un’idea la scrivevo. Poi, l’uso dell’immaginazione: visualizzare le scene che vengono narrate. Serve tantissimo a controllare che la storia sia aderente alla realtà".

Cosa le avrebbe detto leggendo il suo libro?

"Non ho osato immaginare una cosa del genere!".