Abeti di Natale secchi: il conto dei danni

Oltre 250mila euro sfumati per 30 ettari di bosco e costi in crescita per ripiantarli a ottobre 2022. Coldiretti: "Attività a rischio"

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di Francesca Mangani

Oltre 250 mila euro di danni per le piantagioni di abeti già secche, quasi 30 ettari di boschi da ripiantare e costi in crescita costante per mancati redditi: il Casentino soffre quella che per gli esperti è l’estate più bollente di sempre e per le aziende agricole locali è iniziata la conta dei danni. A lanciare l’allarme è Coldiretti che descrive una situazione drammatica per il territorio, soprattutto per quelle aziende che da generazioni coltivano gli abeti utilizzati per gli addobbi natalizi, oggi per la maggior parte secchi a causa della mancata pioggia e delle temperature roventi. La coltura è importante per la vallata, nei comuni di Montemignaio e Castel San Niccolò infatti l’abete natalizio rappresenta un simbolo, così come nei comuni di Pratovecchio-Stia e Poppi dove assume una non trascurabile importanza socio-economica. Oltre a rappresentare un sostentamento del reddito per le zone svantaggiate infatti, gli abeti contribuiscono a mantenere una presenza umana fondamentale per la prevenzione dei rischi idrogeologici e da incendio.

Le montagne appenniniche, come spiega Coldiretti, sono considerate piuttosto fragili e solo attraverso il mantenimento di un presidio agricolo in grado di regimare le acque meteoriche è possibile salvaguardare concretamente il fondovalle. Le sistemazioni dei terrazzamenti e delle affossature, assieme alle lavorazioni ordinarie, diminuiscono enormemente il ruscellamento di piogge che cadono con sempre maggiore violenza in tempi molto brevi, a causa dei cambiamenti climatici. In sostanza si sta verificando quello che è accaduto nel 2003 con una perdita di produzione futura, in quanto gli abeti di 1-2 anni rappresentano 15 o 16 del totale, quindi da 20 a 30 ettari che dovranno essere ripiantati a ottobre 2022 o marzo 2023 con ulteriori costi per le piantine e lavorazioni. A questo si aggiunge l’incertezza legata alle piante più grandi, che hanno dai 3 ai 5 anni e che potrebbero aver superato il cosiddetto "punto di non ritorno": al momento, spiega Coldiretti, sembrano sane ma il processo di disseccamento è ormai avviato ed è irreversibile anche se iniziasse a piovere da subito. Sulla base delle piante già disseccate il danno economico si aggira sui 250 mila euro, considerati i costi delle piantine, la nuova lavorazione, la manodopera per l’impianto e i trasporti.

A questi si dovranno sommare gli oneri per mancati redditi. In Italia, sul finire degli anni ’90, a fronte di una domanda crescente, si è assistito sia ad un aumento delle superfici interessate da questa coltura, sia ad un maggior ricorso all’importazione di piante finte, cioè di alberi di Natale già pronti per essere venduti al consumatore. In provincia di Arezzo e Pistoia la coltivazione dell’albero di Natale interessa una superficie stimabile intorno ai 1.000 ettari, effettuata per lo più su ex coltivi, in ambito collinare e montano (70% in provincia di Arezzo).