Sciopero dei taxi a Roma: "Il governo vuole il far west"

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Diecimila tassisti a Roma, ieri, per protestare contro il governo. Lo sciopero ha fermato i taxi dalle 8 alle 22. La pietra dello scandalo è il ddl Concorrenza colpevole, per i tassisti, di deregolamentare ulteriormente il settore a favore delle multinazionali (leggi Uber e simili). Stavolta, al governo, c’è Draghi, ma la protesta è solo più ‘civile’ di quelle passate. Per il resto, va in onda il solito copione.

Due le vittorie incassate dai sindacati: aver messo d’accordo, dopo 10 anni, la giungla di organizzazioni e sigle, è la prima. La seconda è la grande partecipazione, con 10mila auto bianche nella Capitale. Manca la terza vittoria, la più importante: lo stralcio dell’articolo 8 del ddl Concorrenza, colpevole di "deregolamentare ulteriormente il settore a favore di multinazionali" causando "l’uberizzazione del lavoro di tutti e la consegna alla precarietà di tassisti e noleggiatori", dicono i manifestanti.

A Roma arrivano i conducenti da Milano, Palermo, Napoli, Genova, Torino, Sassari, Firenze, Bologna, ma nelle loro città sono rimasti molti colleghi per presidiare stazioni e aeroporti e per spiegare all’utenza le ragioni dello sciopero, il primo "2.0", con tanto di Qrcode. Dal palco, i sindacati inneggiano all’unità della categoria "perché questo è il momento di pensare e agire ragionevolmente, non solo di pancia".

"Non si può scardinare un servizio pubblico, concepito e regolamentato per garantire la soddisfazione del diritto alla mobilità, in nome di un algoritmo che alza i prezzi delle corse in base a pure logiche di mercato, lasciando il 25% a società che pagano pochi spiccioli di tasse in Italia", attaccano i sindacati. "Chiediamo al governo e alle Camere di colpire speculazione ed abusivismo, stralciando l’articolo 8 del ddl Concorrenza e approvando al più presto il previsto Dpcm di regolamentazione delle app", è l’appello. Manca una sigla, Unica-Cgil taxi, ma poco importa.

Dopo anni sale sul palco anche Loreno Bittarelli, presidente di Uri, un passato alla testa di cortei anche violenti e vicino a An-Fd’I: "Abbiamo chiesto al governo che ci ricevesse, ma non ci ha degnato di uno sguardo. Se la maggioranza non ci ascolta, andiamo dall’opposizione". I sindacati vengono ricevuti – non a caso – dal vice-presidente della Camera, Fabio Rampelli (Fd’I) e poi decidono la linea: la lotta continua.

Ettore Maria Colombo