Pazzi di gioia per Virzì: "Cannes è una piccola Viareggio"

'Red carpet' sulla Passeggiata per il regista

Il regista con il giovane pubblico

Il regista con il giovane pubblico

Viareggio, 21 maggio 2016 - VIAREGGIO con la sua passeggiata, la placida alba del mare, i suoi scorci di azzurro e tutta l’euforia della Versilia di notte e del divertimento sfrenato è il luogo delle illusioni e della malinconia al tempo stesso, quello in cui, calato il sipario si è costretti a guardarsi negli occhi. «Perché Cannes prova ad assomigliare a Viareggio ma proprio non ce la fa. Che cosa è in fondo: solo una piccola Viareggio». E’ una mappa poetica della Toscana quella che il regista Paolo Virzì, ieri a Viareggio al Caffè Fappani, per presentare il suo film «La pazza gioia», uscito nei cinema italiani proprio in questi giorni dopo la prima al festival del cinema di Cannes, tratteggia con le sfumature di tutti i colori della terra e del mare.

Mamme, ragazze, bambini, una maratona di applausi e risate, di frasi-effetto del film imparate a memoria e di cellulari puntati in cerca del selfie d’autore.

Ci sono il senatore Andrea Marcucci, i vertici della Fondazione Carnevale e il sindaco Giorgio Del Ghingharo («Viareggio – le sue parole – ha bisogno di grandi spot come questo, mi auguro che presto torni a essere set cinematografico e che questa pellicola sia solo la prima di una lunga serie»). E c’è anche il piccolo Emanuele Galleri, il viareggino di 11 anni, studente della Lambruschini, nei panni del figlio della protagonista: «Mi sono proposto anche per il prossimo film» sorride il piccolo che naturalmente da grande sogna di diventare attore.

C’è tutta Viareggio sulla Passeggiata e proprio lì, racconta il regista, «su quel muretto si sono abbracciate le due protagoniste e hanno sancito quella relazione affettiva e terapeutica che vorrei fosse di esempio per tutti». Perché in fondo «un po’ di matto in testa lo abbiamo tutti». «E meno male – scherza Virzì – che voi qui a Viareggio c’avete il Carnevale per sfogarvi, noi ci abbiamo ambientato una scena drammatica».

Il regista racconta, poi, come la Toscana sia stata il set privilegiato del suo film: «Cercavo un territorio che mi fosse familiare perché nella gioia e nel dolore la Toscana è la patria romanzesca che ho spesso in mente».

La sua è una radiografia avventurosa sulla fragilità umana, una fiaba che affonda i piedi nella realtà dolorosa che lui racconta sotto forma di commedia. «Perché ho sempre pensato – dice – che la vita sia così, gioia e dolore. E credo che la migliore medicina sia poterli raccontare in modo esilarante».