Comuni in guerra: Stazzema e Marzabotto parti civili nel processo contro Affile

La cittadina laziale dedica un mausoleo al generale fascista Graziani; insorgono i territori segnati dalle stragi

 Il sindaco di Stazzema durante l’ultima commemorazione a Sant’Anna

Il sindaco di Stazzema durante l’ultima commemorazione a Sant’Anna

Stazzema, 19 settembre 2015 - «Un mausoleo intitolato al maresciallo Rodolfo Graziani? Un’onta celebrare un criminale di guerra». Per questo Stazzema e Marzabotto si sono costituiti parte civile nel procedimento contro il sindaco di Affile, in provincia di Roma: il procedimento si aprirà lunedì al tribunale di Tivoli e i due Comuni, medaglie d’oro al valor militare, saranno parte in causa nel procedimento assieme all’Anpi nazionale che ha a sua volta denunciato la giunta di Affile. Nell’agosto 2012 la Regione Lazio ha infatti destinato 180mila euro per la realizzazione nella cittadina di Affile del Parco di Radimonte, di un monumento intitolato «all’illustre cittadino Rodolfo Graziani» che viene ricordato anche sul sito istituzionale con parole di encomio, definendolo «figura tra le più amate e più criticate», che avrebbe indirizzato «ogni suo agire al bene per la patria attraverso l’inflessibile rigore morale e la puntigliosa fedeltà al dovere di soldato che lo contraddistinsero dall’appartenere alla schiera degli ignobili o alla nutrita categoria dei tanti che perseguirono solo la logica dell’interesse personale». «Senza accenno alcuno – evidenziano i sindaci di Stazzema e Marzabotto Maurizio Verona e Romano Franchi – alle stragi di civili, alle torture, ai crimini di cui si rese colpevole come generale dell’esercito fascista e poi dell’esercito della Rsi». L’Onu inserì Graziani nella lista dei criminali di guerra, per l’uso di gas tossici e bombardamenti degli ospedali della Croce Rossa su richiesta dell’Etiopia.

«I civili – è la protesta dei primi cittadini – furono massacrati in un preciso disegno di distruzione dalle truppe nazifasciste di cui Graziani era un autorevole rappresentante per i ruoli di comando all’interno dell’esercito fascista in Africa e poi nella Rsi dove fu ministro delle forze armate e firmò il bando per chiamare alle armi le classi dal 1922 al 1924 che prevedeva per i disertori e i renitenti la pena di morte mediante la fucilazione nel petto. L’intitolazione di un edificio al maresciallo Graziani – continuano i due sindaci – è ancor più odiosa perché costruito con risorse pubbliche distratte ai servizi essenziali per finanziare la memoria di un criminale di guerra che fu un protagonista del fascismo, fece costruire i campi di concentramento in Libia, usò i gas in Etiopia, firmò il manifesto della razza e costrinse i giovani alla leva in una guerra ormai perduta». 

Francesca Navari