Sub morti alle Formiche, si apre il fronte dei risarcimenti

Giallo-assicurazioni alla vigilia dell'udienza preliminare del processo / TRE SUB PERUGINI MUOIONO IN UN'IMMERSIONE ALLE FORMICHE

I tre sub morti alle Formiche: Giaimo, Cioli e Trevani

I tre sub morti alle Formiche: Giaimo, Cioli e Trevani

Perugia, 4 aprile 2015 - Il 10 agosto del 2014 tre sub umbri, Fabio Giamo, Gianluca Trevani ed Enrico Cioli, morirono durante un’immersione alle Formiche di Grosseto. Un quarto sub che si era immerso con loro, un istruttore, accusò un malore ma si salvò. Le indagini che seguirono arrivarono alla conclusione che a causare quelle morti sarebbero state proprio le bombole che i quattro indossavano. Bombole caricate male e in cui i periti trovarono tracce cospicue di monossido di carbonio fatali ai tre umbri a quella profondità. Coincidenza perfettamente collimante con le perizie nescroscopiche che hanno accertato appunto che quelle morti furono causate da ingestione di monossido di carbonio. Quattro gli indagati. Andrea Montrone, titolare del diving e il suo collaboratore Maurizio Agnaletti. La moglie di Montrone, Daniela Lucciola e la società Underwater Activity srl di Talamone, di cui la Lucciola è l’amministratore e Montrone l’amministratore di fatto. Il sostituto procuratore Stefano Pizza che ha seguito il caso, contesta anche le violazioni nella sicurezza del lavoro (le operazioni di ricarica effettuate senza adeguata formazione, senza prescrizioni per l’uso dei compressori, senza le condizioni di sicurezza, senza idonea strumentazione).

Oltre ai tre sub morti per asfissia acuta il monossido di carbonio e l’intossicazione di Marco Barbacci, che si era immerso anche lui alle Formiche, anche un quinto sub, Maurizio Ciocca, che aveva noleggiato le bombole nello stesso posto ma era sceso nei fondali dell’Argentarola, si era poi sentito male. Soccorso riuscì a salvarsi dopo 7 giorni di camera iperbarica. Siamo ora alla vigilia della fissazione dell’udienza preliminare. Ai familiari, distrutti dal dolore di una perdita che nessuno potrà mai colmare, si pone anche la necessità di pensare ad avanzare una richiesta di risacrimento. Ci sono madri, mogli, figli studenti infatti che hanno il diritto di vedere garantita la possibilità dello stesso sostentamento che i propri cari morti avrebbero loro garantito. Come funziona? Esistono delle coperture assicurative? Lo abbiamo chiesto all’avvocato Gianni Spina, legale delle famiglie Giaimo e Trevani.

«Diciamo che dai legali degli indagati, io e gli altri colleghi delle vittime, gli avvocati Corrado De Fazio e Cristian Severini – spiega –, abbiamo quasi subito avuto la rassicurazione che esisteva una polizza assicurativa con un massimale piuttosto alto, tale da essere sufficiente per risarcire tutti. Tant’è che venne poi fissato un incontro informale tra noi avvocati e i rappresentanti della suddetta compagnia, si tratta di una grossa società internazionale, per vedere se fosse possibile stabilire le attività risarcitorie prima del processo».

E cosa avete scoperto? «Beh gli indagati cercavano in ogni modo di definire gli aspetti patrimoniali prima dell’udienza e venimmo a conoscenza del fatto che esiste un’associazione alla quale aderiscono tutti i sub e che la compagnia che assicura tutti i sub del mondo è una sola».

Si spieghi meglio. «Tutti coloro che a livello mondiale esercitano l’attività subacquea sono riuniti sotto la stessa associazione e assicurati da un’unica compagnia credo per una convenzione mondiale».

Quindi non ci saranno problemi. «Ce lo auguriamo. Ma al momento non sembra affatto così».

Perchè? «Perché dopo quella riunione informale, ci lasciammo con l’intesa che la compagnia assicurativa avrebbe formulato una proposta di risarcimento, proposta ovviamente esplicitata con delle cifre che noi avremmo poi prospettato ai nostri clienti, i familiari delle vittime. Ci siamo invece visti comunicare, in modo solo informale non c’è alcun documento scritto di quanto le sto raccontando, dalla difesa degli indagati che la compagnia assicurativa avrebbe negato il proprio impegno in questa vicenda perchè si sarebbe resa conto successivamente di aver assicurato solo la persona fisica titolare della società indagata e non la società stessa. Ragione per cui non avrebbe pagato nulla alle vittime. Sfilandosi sostanzialmente dalla vicenda».

Ma a allora chi risarcirà i familiari dei sub morti? «Non lo sappiamo. Ancora. Ora affronteremo il processo».

Ma i sub di tutto il mondo che a quanto pare svolgono la loro attività assicurati con questa compagnia, sospettano che a fronte di un evento di questa gravità la Società di assicurazione potrebbe negare ogni risarcimento con una motivazione di questo genere? «Non so. Certo è che al momento, ripeto solo in via informale, la risposta che abbiamo avuto – sottolinea e conclude l’avvocato Spina – è questa: il titolare della società del diving è assicurato come persona fisica e non per l’attività di diving che svolge, e quindi l’assicuratore nega la copertura ai sub cui sono stati forniti equipaggiamento e servizi per le immersioni....».

C’è da augurarsi che si sia trattato solo di un ‘misunderstanding’.«Speriamo sia così...».