Arresti domiciliari per il cacciatore, sarà controllato dal “braccialetto”

Il caso di Daniele Rustighi, dal cui fucile è partito il colpo contro Jamaal Madboui, gravemente ferito

I carabinieri sul luogo della sparatoria

I carabinieri sul luogo della sparatoria

Castelnuovo Magra, 5 ottobre 2017 - Arresti domiciliari con braccialetto elettronico per Daniele Rustighi, il cacciatore di 59 anni abitante a Castelnuovo Magra, dal cui fucile domenica mattina è partito il colpo che ha ferito gravemente Jamaal Madboui, in Italia da 25 anni, giardiniere e padre di tre figli. Lo ha deciso ieri il Gip Marta Perazzo dopo l’udienza di convalida che si è svolta in carcere alla Spezia dove l’uomo è stato rinchiuso, dopo l’arresto lampo da parte dei carabinieri della Compagnia di Sarzana che in poche ore hanno risolto il caso. In un primo tempo, dopo l’udienza, il giudice si era riservato la decisione che poi è arrivata nel pomeriggio.

Il Gip in pratica ha accolto le richieste fatte dalla difesa del cacciatore affidata agli avvocati Andrea Corradino e Alessandro Silvestri. Nel corso della detenzione domiliare Rustighi potrà avere contatti solo con il figlio o con altri familiari stabilmente conviventi.

Nel frattempo, come racconta il fratello del ferito Mohamed che lo assiste continuamente assieme alla moglie Hakima, le condizioni di Jamaal restano molto gravi. L’uomo è ancora ricoverato nel reparto di terapia intensiva all’ospedale di Massa viene sottoposto a dialisi per le lesioni ai reni ed ha già subito un lungo intervento chirurgico.

I medici decideranno entro domani se trasferirlo a Pisa. «Ora oltre alle vie urinarie – afferma Mohamed – ha anche gravi problemi alla gamba sinistra che non muove. E’ una situazione molto grave e da quanto mi hanno detto i medici necessita di un altro intervento chirurgico. La prognosi è sempre riservata, vedremo cosa decideranno nelle prossime ore».

«Stiamo vivendo tutti una situazione molto difficile – prosegue Mohamed – la moglie di mio fratello beve solo un po d’acqua e non riesce a mangiare, anch’io la notte non riesco a dormire, vedo sempre quella terribile scena: la collutazione, lo sparo che ripeto è stato volontario, l’inseguimento. Anch’io ho avuto paura di essere colpito da una fucilata. Poi c’è la situazione dei bimbi che stanno vivendo un incubo senza fine. Come vorrei che ci fosse qualche telecamera nella zona che possa aver immortalato la scena. Non pensavo tornasse subito a casa ma ho fiducia nella giustizia».

Nella tragedia che si è abbattuta sulla sua famiglia, Mohamed ha solo un piccolo conforto: la solidarietà della gente. «L’ho ricevuta – racconta Mohamed – da centinaia di persone che sono arrivate all’ospedale, d ai tanti che mi hanno telefonato, la maggior parte quasi l’80 per cento sono italiani. Del resto io sono in questo paese da quasi 30 anni, mio fratello è arrivato tre anni dopo. Non abbiamo mai alcun tipo di problema, siamo sempre stati stimati. Ringrazio tutti, saranno più di 300 persone, per le parole di conforto che mi sono arrivate»

C.G.