Anni di estorsioni, scatta un altro arresto. Pistola pronta a sparare

Dopo i fratelli Bartolo finisce in manette una quarta persona, un insospettabile di Poggio a Caiano che custodiva l'arma, pronta all'uso

Carabinieri (Foto archivio)

Carabinieri (Foto archivio)

Prato, 21 febbraio 2018 - Non si fermano le indagini dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Prato riguardanti le estorsioni che per anni degli imprenditori e commercianti pratesi avevano subìto da alcuni componenti di una famiglia calabrese da tempo stanziale in Provincia di Prato.

Si tratta dei fratelli Silvano e Vincenzo Bartolo - entrambi pregiudicati- nonché dell’incensurato Bruno Bartolo, arrestati dai carabinieri tra dicembre e gennaio scorso nell’ambito della relativa inchiesta coordinata dai pm della Procura di Prato Laura Canovai e Valentina Cosci.

Le investigazioni corredate anche da indagini tecniche e patrimoniali avevano infatti documentato come i Bartolo, residenti tra Poggio a Caiano e Carmignano, per un periodo di circa 8 anni e con minacce di ritorsioni alle loro vittime, fossero riusciti a estorcere centinaia di migliaia di euro utilizzati per sostenere le loro famiglie, ma anche per finanziare i propri vizi e acquistare beni di lusso.

Il quadro probatorio che li aveva portati in carcere si è ulteriormente aggravato in questi giorni. Sono infatti uscite allo scoperto altre analoghe vicende che li hanno visti protagonisti con un’altra vittima, ma soprattutto è stata identificata e arrestata dai carabinieri una quarta persona, Marco Bonechi, titolare di un'officina meccanica a Poggio a Caiano (Prato): è accusato di aver tenuto in custodia la pistola che il gruppo criminale avrebbe utilizzato per le minacce alle vittime delle estorsioni. Bonechi è agli arresti domiciliari.  Durante una perquisizione domiciliare disposta dai magistrati, era stato trovato in possesso di una pistola semiautomatica clandestina . Secondo gli inquirenti l'arma era illegalmente detenuta per conto di Vincenzo Bartolo.

La pistola sequestrata
La pistola sequestrata

L’arma - di cui i militari conoscevano l’esistenza e che non avevano mai smesso di cercare - è stata trovata carica, pronta all’uso e munita di numerose munizioni.  Dalle indagini era infatti emersa quella che gli investigatori definiscono "concreta e inquietante volontà di Vincenzo Bartolo di volersene servire per regolare conti in sospeso". Una possibilità che aveva impresso un'accelerata alle indagini per arrestare i fratelli, temendo che potessero verificarsi fatti di sangue.

Vincenzo Bartolo aveva affidato la pistola a un altro soggetto perché insospettabile incensurato, quindi difficilmente sarebbe stato controllato.