Pistoia, 27 agosto 2014 - «MINA, Rita Pavone, tutti o quasi i cantanti del tempo. E oggi, tanto per fare un paio di esempi di quest’anno Sgarbi, De Piscopo... Perché si può dire quel che si vuole, ma Riccione è sempre Riccione». Fra gli alberghi a quattro stelle e viale Ceccarini, per Roberto Zampini, il clima felliniano che avvolge di un fascino inconfondibile la capitale delle vacanze romagnole non è mai venuto meno. Di quella città il fotografo e fondatore del negozio d’ottica «Fotorama» di via Atto Vannucci conosce ogni strada, ogni stazione balneare, e giura che la crisi che ha messo a terra più di un luogo di villeggiatura, da quelle parti non ha intaccato il piacere della socialità. «Un mio amico di là lo ripete sempre: se Riccione muore, sarà l’ultima a farlo», cita appena rientrato dalle vacanze di quest’anno, purtroppo per lui più brevi del solito.
ZAMPINI parla a buon diritto. Per un soffio non diventava romagnolo pure lui. Se non lo è per l’anagrafe, si sente comunque d’adozione. A 71 anni non ha mancato nemmeno un appuntamento con le ferie sulla riviera da quando, di estati, ne aveva viste 5 o 6 al massimo. «Le prime volte — racconta — andavo a Riccione con mia mamma a trovare suo fratello che, dopo aver chiuso il suo negozio di Pistoia nei pressi del cinema Lux, si trasferì nel ’43 per continuare fare il fotografo. Erano i tempi di Mussolini che passeggiava sulla spiaggia... Mio zio, Mario Fantacci, ci ospitava molto volentieri e io — continua — ero il suo nipote prediletto. Lui aveva il negozio di fotografia dentro il Grand Hotel, proprio quello che si vede nei film di Fellini». Oggi quell’albergo è chiuso, ma Zampini garantisce che non è certo il simbolo di un declino. Tutto o quasi, per lui, è rimasto come uguale ai tempi in cui, adolescente, cominciò a trasferirsi a Riccione per tutta la durata dell’estate. «Frequentavo il Pacinotti e chiusa la scuola, mi fiondavo al mare. Fu proprio grazie a mio zio, che mi veniva a prendere con la sua Giardinetta, che mi appassionai al mio lavoro di oggi». Con i suoi scatti sulla spiaggia e in locali come il «Florida» e il «Savioli», Zampini è stato un testimone privilegiato del passaggio degli anni e dei cambiamenti di un intero Paese, dal boom economico ai giorni nostri. «Il primo vestito me lo comprò mio zio per entrare al Savioli, locale elegantissimo, frequentato da tutti i vip, che il giorno stavano in spiaggia. Ho conosciuto tanta gente in posti come la pizzeria Diana e l’hotel Roma». Fra loro i più numerosi venivano dalla Germania. «Allora più che l’inglese bisognava sapere il tedesco», anche perché le bionde del Nord Europa erano le preferite fra i «vitelloni» locali. «Andavamo a donne sulla spiaggia, specialmente a cercare le tedesche, e passavamo là tutta la notte. Così — continua a raccontare con occhio vispo Zampini — il giorno avevo un sonno da morire. Arrivavo in camera oscura e quasi mi addormentavo, tanto che per svegliarmi mio zio ogni tanto mi tirava qualche paccone», rammenta sorridendo.
L’ETÀ del colore non tardò ad arrivare. Lo zio Mario morì e Roberto, che quasi pensava di trasferirsi, decise una volta per tutte di lavorare dov’era nato. «Ma da allora — spiega — non ho mai mancato un appuntamento. Quindici o venti giorni a Riccione li faccio ogni anno sempre al bagno Agostino, vicino al ristorante da Carlo. Naturalmente ci ho sempre portato anche i miei figli. E’ rimasto tutto o quasi come l’ho sempre visto. Prezzi più bassi che in Versilia, persone allegre e gentili, cibo eccellente, spaghettate in compagnia, strade affollate... Riccione è sempre così».
s.t.