Bambini a lezione di «gender». Scoppia la polemica con esposto

L’Osservatorio punta il dito contro il liceo Dini e l’istituto Borsellino

Una manifestazione in Portogallo: "sesso è diverso da genere" (Ansa)

Una manifestazione in Portogallo: "sesso è diverso da genere" (Ansa)

Pisa, 15 gennaio 2018 - Corsi gender a scuola: la teoria che punta all’abbattimento degli stereotipi per la quale ogni studente deve sentirsi libero di costruire la propria soggettiva sessualità sbarca anche tra i banchi pisani ma non senza malumori. La polemica scoppia con l’Osservatorio per le politiche della famiglia di Cascina che ha fatto recapitare un esposto agli uffici scolastici provinciale e regionale nonché al ministero dell’Istruzione romano. Doppia la motivazione, perché – secondo l’accusa – le lezioni sarebbero avvenute «senza l’autorizzazione dei genitori» e univocamente per «negare ogni distinzione tra i sessi che non sia puramente biologica». A finire sotto la lente, due casi specifici occorsi in città e nell’«hinterland».

Il primo sarebbe avvenuto al liceo Dini di Pisa durante l’autogestione. «In quei giorni – scrive l’Osservatorio nella missiva – è stato consentito all’associazione Arcigay Pisa di tenere lezioni ad un centinaio di alunni su temi come ‘sessualità umana, malattie sessualmente trasmissibili e metodi anticoncezionali’ e guidare un dibattito seguito alla visione del film ‘Normal Heart’, sulla diffusione dell’Aids a New York negli anni Ottanta».

Nulla vi sarebbe da rilevare, secondo l’Osservatorio, se detta autogestione si fosse svolta in un clima di occupazione della scuola e dunque al di fuori di qualsiasi schema didattico. «Risulta invece che, in precedenza, il programma dell’autogestione sia stato concordato con gli organi direttivi della scuola i quali hanno anche lasciato cadere la richiesta di altri genitori di sentire anche altre voci e che essa si sia svolta alla presenza dei professori e con obbligo di frequenza per gli alunni – si legge nel testo –. Stupisce poi che a trattare di temi scientifici siano stati non infettivologi o comunque persone con competenza medica, ma l’Arcigay a cui sembra essere stato concesso il monopolio. Pare che l’unica parte a non aver diritto di parola sia quella che sostiene quella famiglia naturale».

L’altro «scandalo» avrebbe avuto luogo invece all’istituto Borsellino di Navacchio dove, «senza nessuna previa informazione alle famiglie», è stato attivato per gli alunni di terza elementare il progetto ‘Po.ster’. «Dopo quattro ore di lezione, solo le prime due pare con insegnante – insiste l’Osservatorio –, i genitori hanno scoperto solo dai ragazzi attività e contenuti, non finalizzati solo a combattere il bullismo o gli stereotipi di genere». Secondo l’«accusa» ai bambini sarebbe stato sottoposto anche un questionario per «creare quelle stesse distinzioni di ruoli tra i sessi per poi lamentare la presenza di stereotipi e pervenire a quella sorta di indifferentismo sessuale che caratterizza appunto il cosiddetto gender». Dinanzi alla richiesta di chiarimenti la dirigenza scolastica, secondo l’Osservatorio, si sarebbe detta in possesso solo di un «programma generico». Da qui la volontà dell’associazione di Cascina di portare i casi alle luci della ribalta, ricordando come – nelle Linee guida nazionali – non siano previsti le ideologie gender né l’insegnamento di pratiche esterne al mondo educativo, ma soprattutto come le famiglie abbiano diritto di conoscere i contenuti dei Piano dell’offerta formativa.