'Buco' all'Istituto di Fisiologia clinica: "Io, da bidello a vertice del Cnr. Così ho fatto perdere tre milioni"

Laurea falsa, decine di progetti approvati. Era in cura dallo psichiatra / L'EX RESPONSABILE DELL'UFFICIO ENTRATE E CONTRATTI E' IL PERSONAGGIO CHIAVE DELL'INCHIESTA / LA PROCURA INDAGA PER TRUFFA

San Cataldo, Area della Ricerca del CNR (foto Salvini)

San Cataldo, Area della Ricerca del CNR (foto Salvini)

Pisa, 21 febbraio 2015 - PRELEVARE dai conti correnti dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa era facile come bere un bicchier d’acqua. Bastava proporre un progetto di ricerca, inventare di sana pianta i nomi di possibili sponsor e il gioco era fatto. Dalla borsa dell’istituto – uno dei centri dove ricerca e pratica clinica si fondono sui crinali dell’eccellenza – uscivano, sotto forma di anticipi di cassa, centinaia di migliaia di euro che negli anni sono diventati milioni, aprendo una voragine nei bilanci. Sull’intera vicenda indaga ora per truffa la Procura di Pisa dopo l’esposto dell’attuale direttore dell’Istituto – Giorgio Iervasi – che, insediatosi lo scorso anno, ha subito sentito puzza di bruciato. A confermare il meccanismo è il personaggio chiave dell’inchiesta, Marco Borbotti, responsabile dell’ufficio progetti che, si è appreso ieri, è persona con problemi psichiatrici, in cura da anni e sottoposto di recente a Tso al Dipartimento di salute mentale (è stato dimesso ai primi di febbraio).

È STATO appena licenziato dal Cnr quando si è scoperto che non era in possesso della laurea necessaria per l’incarico da lui ricoperto. «Sì ho prodotto un certificato falso», conferma ai giornalisti nella sua abitazione nel comune di San Giuliano Terme. Il suo legale, avvocato Giulio Venturi, precisa che si tratta di persona «affetta da grave disturbo bipolare con sindrome maniacale, attualmente sottoposto a cura farmacologica. Ne consegue che le dichiarazioni rilasciate dallo stesso non possano ritenersi il frutto di una determinazione lucida e cosciente attesa la gravità della patologia in atto». In passato Borbotti ha avuto anche altri procedimenti penali che si sono conclusi con il riconoscimento della sua incapacità di intendere e di volere.

MA COME inizia a parlare, Borbotti è un fiume in piena: « Sono entrato al Cnr nel 2007 come custode. Poi ho partecipato a un bando interno che prevedeva il possesso di una laurea e ho presentato un titolo di studio falso». E a quel punto è iniziata una brillante carriera che lo porta a diventare in due anni responsabile dell’ufficio progetti. E qui Borbotti capisce subito come funzionano le cose. «Veniva da me un ricercatore, proponendomi un progetto per il quale era possibile individuare uno sponsor. Io istruivo la pratica chiedendo l’anticipo di cassa e, dopo il vaglio della segreteria amministrativa, arrivavano i soldi. Ma presto – spiega – mi sono reso conto che di fatto non c’era nessun tipo di controllo né in fase iniziale, né durante lo svolgimento del progetto, né a consuntivo. E dunque ho iniziato io stesso a proporre sponsor inesistenti e a dare corso direttamente alle richieste di finanziamento scrivendo ‘urgente’ sulle pratiche. E i soldi arrivavano regolarmente» anche se poi l’Istituto non riusciva mai a rientrare degli anticipi versati per garantire la copertura finanziaria alle ricerche proposte. Per il solo biennio 2013-14 l’attuale direzione ha rilevato un ammanco di 3,4 milioni, ma secondo Borbotti la cifra, andando a ritroso, «potrebbe essere molto più alta».

E I SOLDI che fine facevano? «Servivano – spiega ancora – a pagare i progetti, i ricercatori, le borse di studio, le collaborazioni con numerose Università e l’acquisto di macchinari all’avanguardia. Con questo sistema abbiamo contribuito a far funzionare l’istituto, che era pieno di debiti. Ma ripeto nessuno controllava». Se poi il denaro, o parte di esso, ha preso anche altre strade dovrà accertarlo la Procura («guardino pure, ho un solo conto corrente»), così come dovrà verificare se ha agito da solo o con la complicità di altri. Una circostanza, questa, che alimenta inevitabili domande a cominciare dalla necessità di chiarire come sia stato possibile che una persona con questo quadro clinico sia arrivata a ricoprire ruoli di vertice e a possedere una così ampia autonomia decisionale in un istituto che è punta di diamante della ricerca pubblica nazionale.

 

(Hanno collaborato Francesco Bondielli e Andrea Valtriani)