"Impianto di Salanetti: zero emissioni? Sarebbe una magia"

Il noto scienziato e professore Ugo Bardi avanza perplessità

Il rendering dell'impianto di Salanetti e lo scienziato Ugo Bardi

Il rendering dell'impianto di Salanetti e lo scienziato Ugo Bardi

Lucca, 20 novembre 2015 - «Il compostaggio è migliore rispetto alla carbonizzazione idrotermale, che viene fatta passare come la panacea di tutti i mali connessi ai rifiuti. Ma l’unica magia è quella della natura». Sono le parole del professor Ugo Bardi, scienziato di primo piano a livello internazionale studioso dei cambiamenti climatici, docente dell’Università di Firenze. Si tratta di una sua opinione personale, raccolta e trasmessa da Eugenio Baronti, esponente del centrosinistra e presidente della Società Aeroporto di Capannori. Il tema è quello dell’impianto di Salanetti, per il quale, dopo uno stop di 14 mesi, è arrivata una nuova richiesta di valutazione che sarà valutata dalla Regione e che negli ultimi giorni ha raccolto un coro di no dai comitati di cittadini della piana.

«La struttura produrrà lignite con una potenzialità di 60.000 tonnellate a Capannori e 120.000 a Piombino – argomenta Bardi – e ci viene promesso un processo pulito senza emissioni che ha solo vantaggi. Purtroppo le magie non esistono nella vita reale, e prima di farsi prendere dall’entusiasmo bisognerebbe valutare con attenzione. La gestione dei rifiuti, in particolare di quelli organici, è un problema non risolto che richiede innovazioni e soluzioni reali. Ma quella prospettata è veramente una soluzione? Il destino dei rifiuti organici in natura è quello di trasformarsi in compost e fertilizzare il suolo. La lignite si formava centinaia di milioni di anni fa, non più attualmente. Il compostaggio è un processo che conosciamo, funziona e non costa caro. Quale vantaggio offrirebbe la carbonizzazione idrotermale rispetto al compostaggio? Non è chiaro».

«Si parla di trasformare il rifiuto organico in lignite, ma non si dice che se ne farà. Si parla di utilizzarla come ammendante per l’agricoltura. Ma per usare il carbone (biochar) in questo modo non si sa se i campi potrebbero assorbire le quantità di lignite prodotte da questi impianti. Per non parlare poi del rischio di incendio di un prodotto infiammabile come la lignite. Non resta che bruciarla, a meno che non la si voglia mettere in discarica. Ma allora siamo alle solite: il processo innovativo non è che un normale incenerimento. La vera sfida, oggi, è chiudere il ciclo dei rifiuti e ritrasformarli in materia organica attraverso il compostaggio e il ritorno al ciclo agricolo. Questa è l’unica magia: quella della natura».

Massimo Stefanini