Maxi causa per la morte della madre. L’Asl deve risarcire 500mila euro

Nei guai l’Azienda sanitaria versiliese dove la donna era ricoverata

Una sala operatoria (De Pascale)

Una sala operatoria (De Pascale)

Lucca, 29 marzo 2016 - Dopo quasi sei anni è arrivata la sentenza che condanna l’Asl 12 della Versilia a pagare ben 503mila euro. Una somma che dovrà essere versata ai familiari di una donna - Rita F. - a titolo di risarcimento per la morte della signora che nel 2010 aveva 75 anni ed abitava a Montecarlo. Un’odissea, quella della pensionata: da una operazione per la sostituzione dei by pass della valvola aortica, la situazione precipitò fino al suo decesso avvenuto il 30 luglio del 2010. Con la sentenza del 21 marzo da parte del giudice del tribunale civile di Lucca Antonio Mondini, viene condannata dunque l’Asl versiliese dando ragione alla famiglia della donna scomparsa - il figlio più tre nipoti - che avevano citato in giudizio l’Azienda sanitaria facendosi assistere dall’avvocato Maria Lucia Esposito. In pratica secondo il magistrato, la causa del decesso della donna, affetta da una vasta piaga da decubito che ha causato una infezione e, successivamente, la morte, sarebbero state la trascuratezza e la negligenza avvenute dal momento del ricovero all’ospedale Versilia e poi nei successivi cinque giorni di degenza. In pratica la donna in quei cinque giorni non fu adeguatamente curata e dunque le sue condizioni peggiorarono notevolmente.   I familiari attraverso l’avvocato quando sporsero denuncia illustrarono omissioni da parte dei sanitari dell’ospedale Versilia nel trattamento della piaga da decubito sacrale nei dieci giorni dei degenza nell’unità di Cardiologia tanto che la pensionata avrebbe contratto un’infezione che l’aveva portata alla morte. Accuse naturalmente respinte dalla difesa che ha negato le responsabilità: la consulenza tecnica però permise di accertare che l’evoluzione clinica della piaga da decubito, se trattata in maniera adeguata all’ospedale di Viareggio, avrebbe prodotto la guarigione della paziente e non la sua scomparsa. Tutto, come detto, risale al 2008: dopo alcuni accertamenti effettuati il 12 giugno al Campo di Marte, emerse la necessità di sostituire i by pass della valvola aortica. Così il 26 giugno la signora si sottopose con successo all’intervento a Careggi. Dalla cartella clinica si segnalava solo un problema legato a un eritema nella regione sacrale che, in 24 ore, divenne un ematoma.   I sanitari fiorentini si attivarono subito e il 3 luglio, dopo un lieve miglioramento, la signora fu trasferita a Volterra in una clinica per la riabilitazione cardiologica. L’8 luglio, da una visita chirurgica, fu riscontrata una piaga da decubito di 15 centimetri di diametro ma senza perdita di sostanza e senza infezione. L’11 luglio i familiari chiesero e ottennero il trasferimento della pensionata nel reparto di Cardiologia dell’ospedale unico della Versilia. Ma nella cartella clinica non ci sarebbe nessun segno della lesione nella zona sacrale. Così per cinque giorni nessuno controllò se persisteva o meno la piaga da decubito. Per l’accusa, in questo modo le urine finirono inevitabilmente nella medicazione provocando l’infezione. Solo il 17 luglio i sanitari si resero conto della piaga modificando la terapia.   Ma la donna, tre giorni dopo, accusò un malessere generale, febbre alta e, il 22 luglio, uno choc settico con ricovero in rianimazione. Il 23 luglio emerse che aveva ‘un ampio decubito sacrale con focolaio emorragico, interessamento del gluteo destro e infezione batterica’. Inutile la terapia antibiotica: il 30 luglio, Rita F. morì per insufficienza cardio-circolatoria causata da sepsi generalizzata originata da un decubito sacrale. Per il medico legale che aveva visitato la donna prima del decesso, c’era stata una negligente gestione della piaga tale da generare una piaga rivelatasi, poi, fatale.