«Preghiamo con l’imam, ma si traduce in italiano»

Mbaye Diop, presidente della comunità senegalede

Mbaye Diop

Mbaye Diop

Livorno, 3 agosto 2016 - «Il Papa è un grande, ha detto tutto con una frase: non è una guerra di religione». Mbaye Diop, presidente della comunità senegalese, non si nasconde dietro alle parole, va dritto al cuore del grande dibattito: i musulmani, l’islam e la condanna delle atrocità firmate dall’Isis in nome di Allah. «Loro non hanno nulla a che vedere con la nostra religione – dice Diop – Salam significa pace. Loro invece non rispettano i principi delle mia religione, noi non abbiamo niente a che vedere con quella gente». Loro, quei terroristi che seminano morte e contro i quali Diop dichiara ferma condanna. «Ci sono altri interessi che muovono la mano armata – dice Diop – non certo la religione. Io, musulmano, mi rifiuto di parlare con quella gente e sono addolorato per quello che accade nel mondo». Diop racconta della collaborazione messa in atto dalla comunità musulmana livornese: «Il venerdì quando andiamo a pregare – racconta Diop – lo facciamo insieme al nostro imam. Al termine, il suo discorso viene subito tradotto in italiano da un giovane bravissimo Maher Ben Abdallah che ha studiato qui. Ci deve essere massima trasparenza, voglio che i livornesi sappiano con quali musulmani hanno a che fare. Per noi è fondamentale la democrazia e la trasparenza». Un accesso al rapporto con i profughi: «Siamo collaborativi con le istituzioni che chiedono un nostro contributo – dice Diop – e comunque loro devono rispettare le regole di questo paese».