Procreazione assistita, boom d’accessi. Ma le fughe in Toscana costano care

Appello di Piscopo a Viale: «Serve un centro di secondo livello»

RESPONSABILE La coordinatrice del centro, dottoressa Rosita Piscopo

RESPONSABILE La coordinatrice del centro, dottoressa Rosita Piscopo

La Spezia, 4 luglio 2016 -  UN APPELLO all’assessore regionale alla sanità, Sonia Viale, affinché si prenda a cuore i destini di una struttura che rappresenta la punta di diamante della Asl 5: efficace nella rapidità della diagnosi, capace di inanellare interventi con percentuali di successo superiori alla media, con una lista d’attesa praticamente nulla, almeno per quanto riguarda il target di riferimento. Insomma, un unicum nel panorama del servizio sanitario locale. Parliamo del Centro di procreazione medicalmente assistita coordinato dalla dottoressa Rosita Piscopo, che attualmente è anche primario facente funzioni nel reparto di Ginecologia ed Ostetricia. Nata nel 2013, sotto la dirigenza di Eugenio Volpi, la struttura – che si avvale di un biologo dedicato, Flaviano Di Paola, e di un’ostetrica con competenze specifiche, Marzia Rizzuto – nell’estate del 2015 è stata trasferita all’ospedale San Bartolomeo di Sarzana. «Lo scenario prospettato – spiega la dottoressa Piscopo – era quello di una crescita, che avrebbe consentito in tempi ragionevoli di passare ad un centro di secondo livello, vale a dire un centro in grado di praticare la Fivet».

PER “Fivet’’ si intende la fecondazione in vitro con “embryo transfer’’: in altre parole, con questa tecnica i due gameti entrano in contatto all’interno della provetta e l’embrione viene poi successivamente trasferito nel corpo della donna. Attualmente in Liguria – che a differenza della vicina Toscana non ha voluto, per scelta politica, aprire le porte a centri privati convenzionati e non ha attuato politiche di decentramento – esistono due soli centri di procreazione assistita di secondo livello, uno al San Martino e l’altro all’Evangelico. Esistono invece, oltre a quello della provincia spezzina, altre tre strutture di primo livello, all’interno delle aziende sanitarie 1, 2 e 4: centri nei quali viene praticata l’Icsi, l’inseminazione intrauterina. Tra questi il centro diretto dalla dottoressa Piscopo è quello che dispensa il numero maggiore di prestazioni, un’attività oltretutto in crescita, come testimonia la comparazione tra i numeri del 2015 e quelli dell’anno in corso. Nei primi cinque mesi del 2016 al San Bartolomeo sono state eseguite 38 inseminazioni artificiali contro le 45 dell’intero 2015. Stesso discorso vale per gli altri interventi: da gennaio a maggio il centro ha praticato 34 insufflazioni delle tube (nel 2015 erano state 41), 48 capacitazioni del materiale seminale (37 nel 2015), 110 esami morfologici del liquido seminale (contro i 149 dell’anno precedente) e 109 prove di valutazione della fertilità (39 nel 2015). «I risultati ci sono – commenta la responsabile – e le statistiche lo dicono chiaramente: nei primi sei mesi dell’anno abbiamo totalizzato lo stesso numero di prestazioni garantite l’anno precedente. Soltanto nel corso del mese di giugno abbiamo registrato 6 gravidanze. Anche e soprattutto grazie all’estrema competenza del personale, riusciamo a fornire diagnosi nell’arco di un mese e mezzo, e abbiamo creato un efficiente network aziendale avviando rapporti di consulenza con gli specialisti in angiografia, e con i referenti del Centro antidiabetico e di Endocrinologia». Quindi, tutte rose e fiori? Assolutamente no. La mancata attivazione del centro di secondo livello costringe il personale della struttura ad autorizzare percorsi di mobilità delle coppie idonee verso altri ‘lidi’: una migrazione che è in minima parte ‘assorbita’ dai due centri avanzati di Genova, per i quali la lista d’attesa in ogni caso supera i due anni, e che si riversa per lo più sulle regioni limitrofe. «Soltanto nel 2014 – ricorda Piscopo – le ‘fughe’ verso la vicina Toscana per interventi di fecondazione in vitro a vantaggio di coppie spezzine, hanno pesato sulle casse della Asl 5 per circa 184mila euro, cifra che corrisponde grosso modo all’investimento che sarebbe necessario per acquistare la strumentazione utile all’allestimento di un centro di procreazione medicalmente assistita di secondo livello».

Roberta Della Maggesa