Il monito della Grande Alluvione. "Che tragedia, non accada mai più"

Firenze, novembre 1966: documentario e incontro all’Argentario

Renato Zero e il direttore de "La Nazione", Francesco Carrassi

Renato Zero e il direttore de "La Nazione", Francesco Carrassi

Grosseto, 22 agosto 2017 - Se nelle difficoltà scopri il reale valore di chi ti circonda, allora dalle acque limacciose e spietate dell’alluvione che ingoiò Firenze riemersero tre certezze. La città poteva contare sui fiorentini (che, come disse Montanelli raccogliendo un commento in strada, «dimostrarono di volersi bene l’uno con l’altro»), su un sindaco – Piero Bargellini – fino a quel momento non compreso fino in fondo dalla città e su La Nazione che, invece, della città rappresenta cuore e mente. E in quei giorni di lutti e disastri dimostrò ancor di più di esserne la voce. Severa e autorevole, obiettiva quanto indipendente. Dalla penna dell’allora direttore Enrico Mattei uscirono articoli e commenti capaci di scuotere anche le coscienze politiche più distratte, così come di richiamare la giusta attenzione della televisione nazionale che – durante la scorribanda delle acque nelle strade cittadine – riservò alle sorti fiorentine dieci secondi in coda ad un servizio sul maltempo: "Piove anche a Firenze, ma la situazione è sotto controllo".

E invece la città era "Sotto una gran piova...", titolo del documentario presentato a Monte Argentario, nella sala dell’hotel Torre di Calapiccola, che riprende una rappresentazione teatrale organizzata dal Teatro della Toscana con il contributo del nostro quotidiano (unico presente e testimone di ciò che stava accadendo nel 1966) e Rai Toscana. La produzione dell’Accademia degli Infuocati, i testi di Marcello Mancini, Sandro Bennucci e Massimo Sandrelli e gli attori della Compagnia delle Seggiole hanno chiuso il cerchio dopo un lavoro di ricerca e assemblaggio andato avanti per circa un anno.

"Possiamo assolvere la Natura, che segue regole tutte sue e fa il suo corso – ha commentato al termine della proiezione il direttore de La Nazione, Francesco Carrassi –, ma di certo non possiamo assolvere gli uomini. Abbiamo visto scene girate mezzo secolo fa e oggi continuiamo a vedere lo stesso fiume Arno che nessuno ha ancora messo in sicurezza. Abbiamo visto la pochezza di certa politica e la grandezza della gente comune, di un sindaco che si fa paladino dei cittadini e di un giornale, il nostro, che con un lavoro immenso di giornalisti e tipografi andò in edicola anche in quei giorni, senza mai interrompere le pubblicazioni. Mai".

Ospite della serata, Renato Zero. Attento, sensibile e con attaccamento speciale per la città. "Il mio amore per Firenze è antico, nasce nel 1973. Ho una casa dove vado spesso e mi vanto di sentirmi parte integrante di una comunità che non si fece spaventare dalla bestia che la invase, reagendo invece in maniera incredibile. Della politica che affiancò l’evento, invece, parlano i fatti".

E i fatti storici messi insieme da questo lavoro parlano senza lasciare spazio a margini interpretativi. La città si rialzò con le sue stesse gambe e cacciò fuori acqua e fango con le proprie braccia. "Abbiamo perso 6mila dei 10mila negozi che avevamo – disse il sindaco Bargellini –, la vita ricomincerà quando questi torneranno a vivere". E se il mondo capì bene cosa fosse successo (dagli appelli di Richard Burton alla raccolta fondi lanciata da Jacqueline Kennedy che arrivò a contare due milioni di dollari), molto meno entrò nelle teste dei politici. E’ storia: "Per far capire quale fosse la situazione vera – tuonò Bargellini – ho ricevuto Aldo Moro non in Comune, ma a casa mia, dove il fango è quello che soffoca la città. Alto e melmoso".

Visita che ebbe come risultato poco più che una pacca sulla spalla: "Caro sindaco – si sentì rispondere Bargellini – il Governo ha già fatto tanto per questa città".

Enrico Mattei scrisse al Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, arrivò però a toccare i nervi scoperti dei Palazzi romani e, soprattutto, il cuore e l’orgoglio dei fiorentini. Parole dritte alla coscienza di uno Stato assente o distratto, al quale il direttore de La Nazione non risparmiò il dito puntato contro. Una lettera schietta e incisiva da una città che si era piegata ma non intendeva spezzarsi. "Perché – diceva Mattei – i fatti sono sacri e il commento è libero".

"Ed è per questo – ha sottolineato Francesco Carrassi – che questo documentario non può e non deve finire con la sua realizzazione ma deve essere divulgato il più possibile".