La battaglia per una legge sull'omicidio stradale. "Nessuno potrà restituirci Gabri. Ma le regole vanno cambiate"

Valentina Borgogni invoca il carcere come effetto deterrente

Gabriele Borgogni, il ragazzo morto a 19 anni in un incidente causato da un ubriaco

Gabriele Borgogni, il ragazzo morto a 19 anni in un incidente causato da un ubriaco

Firenze, 4 aprile 2015 - Gabriele Borgogni è morto dieci anni fa: in una notte di dicembre, su un lungarno fiorentino e sotto il diluvio, la sua strada ha incrociato quella di un automobilista ubriaco. Aveva 19 anni, un diploma di geometra e il sogno di diventare architetto. Valentina Borgogni, sua sorella, è la presidente della onlus a lui intitolata. A «Gabri», come ancora lo chiama: un fratello è per sempre. L’associazione è capofila con la «Lorenzo Guarnieri» della proposta di legge per l’introduzione dell’omicidio stradale. «Eh sì, ci battiamo da una vita... – sottolinea – Ma rispetto al passato qualcosa si sta muovendo. Non proprio nella direzione indicata da noi, ma sono contenta. E’ un primo risultato».

Ovvero?

«La proposta di legge portata avanti da noi, dall’associazione Guarnieri, da Asaps e dall’avvocato Annalisa Parenti, verteva su alcuni punti cardine come ergastolo della patente, inasprimento delle pene, arresto in flagranza. La legge delega che si sta trattando è diversa in alcuni aspetti fondamentali».

Può elencarne qualcuno?

«Per esempio mantiene i tratti dell’omicidio colposo, pone la soglia alcolica consentita a 0,8 mentre per noi andrebbe posta a livello zero. Poi indica il discrimine del superamento del doppio del limite di velocità: può andare bene in città, dove può capitare che un’auto vada a cento km all’ora, ma in autostrada quante volte capita che un’auto venga lanciata a 260 all’ora? Eppure di gente ne muore tanta lo stesso, a velocità molto inferiori».

Eppure lei dice di essere contenta di questo qualcosa che si muove.

«Sì, perché in passato la nostra battaglia è stata molto condivisa dalla gente. Hanno aderito associazioni, la raccolta firme è andata benissimo, ma la politica è rimasta al palo. Ora, è vero che Renzi non è intervenuto dopo i sit in che abbiamo organizzato il 24 marzo in 24 città italiane, ma lo hanno fatto altri esponenti del governo, ribadendo che si stanno muovendo. In effetti proprio quello stesso giorno la legge delega è passata al Senato ed è tornata alla Camera. Curiosa coincidenza ma va bene anche così».

Cosa le piacerebbe che avvenisse?

«Che alcune nostre considerazioni venissero ascoltate».

Un esempio?

«E’ inutile inasprire le pene e poi alzare anche la soglia che apre le porte del carcere per chi ha ucciso. Altrimenti in carcere continuerà a non andarci nessuno, ma chi uccide deve finire in cella sennò l’effetto deterrente non ci sarà mai. Non cerco vendetta ma vorrei che venisse dato più valore alla vita». Pensa che non sia così? «Consideri che quando noi parenti delle vittime entriamo in un tribunale, dobbiamo stare zitti, anche quando cercano di buttare addosso a chi non c’è più una parte della colpa della sua morte. Anche quando un giudice sentenzia “era ubriaco ma non voleva uccidere“».

Cosa si augura?

«La legge sull’omicidio stradale non può restituirci Gabri, lui ci manca tutti i giorni e noi possiamo solo continuare a vivere. Detto questo, se la legge non cambia, è come se morisse ancora ogni giorno. Vorrei che chi si diverte con gli eccessi capisse che sulle strade ci si fa male, si muore, che solo il rispetto delle regole consentirebbe di azzerare o quasi la strage. Alla fine gli omicidi stradali sarebbero tutti evitabili».

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