Omicidio Ballestri: Cagnoni e quella lunga notte della cattura in via Bolognese

Il noto dermatologo è a processo in Corte d’Assise a Ravenna per l’omicidio della moglie Giulia Ballestri. Ecco tutti i dettagli di quella notte in cui venne preso mentre cercava di fuggire

Il dermatologo Matteo Cagnoni

Il dermatologo Matteo Cagnoni

Firenze, 27 gennaio  2018 - SONO tutti investigatori della Mobile, ma li conoscono come ‘Squadra Falco’. Sono in sei, quella sera tra 18 e 19 settembre 2016, quando ricevono l’ordine di perquisire la villa della famiglia Cagnoni in via Bolognese.

Vi abitano i genitori del noto dermatologo Matteo Cagnoni, ieri in aula davanti alla Corte d’Assise di Ravenna, nella 12ª udienza del processo che lo vede imputato per l’omicidio della moglie Giulia Ballestri, madre dei suoi tre figli. Quella notte di un anno e mezzo fa Cagnoni lascia Ravenna e parte per Firenze. Nella villa dei genitori trova la polizia ad attenderlo. Coordina il gruppo il funzionario Maria Assunta Ghizzoni. Reperibile ma non in servizio. Racconta: col mefisto (il passamontagna delle forze speciali) e armati fino ai denti? domanda il pm Cristina D’Aniello. La poliziotta sorride: «Ero in gonna e giubbottino, dovevo uscire con delle amiche».

E i sui colleghi? «Tutti in borghese, pistole in fondina». Dunque, non c’è riscontro della poliza «in assetto antisommossa» di cui parla Matteo Cagnoni nelle sue lettere e memorie. Sono armati, certo. In banca dati risulta che il medico detiene (regolarmente) una pistola. NON sono tanti, solo sei, tutti reperibili. Il grosso delle forze dell’ordine è allo stadio, c’è Fiorentina-Roma. A Firenze non sanno ancora nulla del delitto. Poi, però, succede qualcosa che fa subito drizzare le antenne. I poliziotti toscani si danno appuntamento per le 00.20 a un distributore vicino alla villa. Sono le 00.40 quando vedono una Mercedes Classe A provenire da lì: è una di quelle cui devono mettere i sigilli. La seguono. «Era condotta da Mario Cagnoni – racconta il sovrintendente Johnatan Sbaragli –, l’ingresso principale della villa è in via Bolognese Vecchia, lui svolta su via Bolognese Nuova, parcheggia l’auto in uno spiazzo sul retro».

A cosa serve quella vettura fuori, pronta a partire? La Procura ne ha un’idea. Quando i sei poliziotti entrano nella maxi villa è l’1.15. La perquisizione in villa restituisce istantanee nitide dei preparativi di una fuga: giacca nell’appendiabiti con dentro passaporto di Matteo Cagnoni e 1.530 euro, sul letto passaporti di due figli più documento che ne attesta la richiesta per tutti e tre. In una gruccia i jeans dove nella tasca sarà ritrovato un frammento ricondotto al bastone usato per colpire Giulia Ballestri nella casa di Ravenna. Le telecamere della villa poi mostrano all’1.21 una finestra aprirsi, Matteo Cagnoni che salta già e da lì inizia la sua fuga rocambolesca per le colline di Fiesole. E’ qui che il capopattuglia Stefano Costanza intercetta il chirurgo verso le 3.40, sulle colline di Fiesole, a 3-4 chilometri dalla villa. Scende dall’auto, punta la pistola dicendogli di fermarsi. Lo afferra, gli strappa la camicia, ma Cagnoni salta nel dirupo che scende verso il fiume. Intanto nella villa si arriva alle 5.50, albeggia. La dirigente chiede ai suoi uomini di appostarsi nel parco. Il primo a farlo è l’assistente Giancarlo Cotardo, si acquatta tra la vegetazione. Passa poco e Cagnoni torna. E’ l’arresto.

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