Bomba a Firenze, nuove perquisizioni. Il cerchio si stringe: ‘E’ tentato omicidio’

Il ministro Minniti: "Non vi lasceremo soli". I parenti: "Non è giusto"

Minniti, Intini e Creazzo ieri hanno visitato l’arteficiere ferito

Minniti, Intini e Creazzo ieri hanno visitato l’arteficiere ferito

Firenze, 3 gennaio 2017 - L’accusa contestata a ignoti è quella di tentato omicidio, con l’aggiunta delle lesioni gravissime e di fabbricazione e porto di materiale esplodente. Questo il fascicolo aperto dal procuratore Giuseppe Creazzo e dal sostituto Beatrice Giunti. Non sarebbe stata contestata la finalità di terrorismo e questo è un aspetto che fa riflettere.

LE INDAGINI - Ma una cosa emerge chiara dall’imputazione: i personaggi ancora senza volto volevano uccidere. Stavolta infatti l’ordigno era munito di un timer, quindi era programmato a scoppiare in un preciso momento. E l’uso di un timer non ha precedenti a Firenze per quanto riguarda gli attentati anarchici. Gente che qui ha usato buste innescate a strappo, molotov, azioni dimostrative anche esplosive ma tutto sommato più grossolane.

Solo a Genova si ricorda lo scoppio di cassonetti nella zona di San Fruttuoso innescati da un timer e collegati a un gesto della galassia anarchica. E questo potrebbe essere uno dei motivi per cui le perquisizioni eseguite dalla digos, una decina in totale, sono state solo 2 a Firenze e tutte le altre in territorio toscano o territori limitrofi. Perquisizioni che comunque hanno fornito qualche elemento che potrebbe essere utile magari a fini comparativi. Si potrebbe cioè confrontare quel materiale con i residui che gli esperti del gabinetto regionale di polizia scientifica coordinati dal dirigente Paolo Terracciano, hanno repertato in via Leonardo da Vinci. Materiale schizzato a diversi metri di distanza.

A una prima analisi si potrebbe dire che questa bomba sembra più potente di altri ordigni fabbricati e fatti esplodere a Firenze. Sembra il solito ‘tubo’ riempito probabilmente di polvere nera e innescato da un meccanismo che ancora è da individuare con certezza. Ma di un timer che ‘ticchettava’ hanno parlato anche i primi operatori di polizia intervenuti. Dopo l’esame degli esplosivisti qui Firenze, i reperti partiranno per Roma dove saranno minutamente analizzati anche nei loro componenti chimici.

LA VISITA DEL MINISTRO (Articolo e foto) - «Ci auguriamo di poter assicurare quanto prima alla giustizia i responsabili di questo vile e odioso atto criminale». Così, il ministro dell’Interno Marco Minniti, dopo aver visitato l’artificiere, cerca di tranquillizzare la moglie assicurando la «vicinanza e la solidarietà delle istituzioni» e sottolineando che «non verranno lasciati soli neppure per un istante». Nel corso della visita il ministro ha incontrato anche i medici della struttura ai quali ha espresso il proprio apprezzamento per il lavoro svolto. «E’ importante in un momento come questo, così difficile, sentire la vicinanza delle istituzioni. Quanto successo non va dimenticato, deve servire come lezione per il futuro» commenta lo zio Donato. Insieme al ministro anche il capo della polizia Franco Gabrielli, il questore Alberto Intini, dirigenti e funzionari della questura, il prefetto Alessio Giuffrida e il procuratore della Repubblica Giuseppe Creazzo. Sono arrivati intorno alle 13, hanno parlato con la donna e cercato di rassicurare i parenti. Dal Quirinale, invece, domenica poco dopo l’ora di pranzo, è arrivato il messaggio di solidarietà del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Questo calore ci dà forza – prosegue lo zio Donato –. Stefania sta affrontando quanto successo con grande coraggio anche se la preoccupazione per il dopo è tanta...». Il padre dell’artificiere e il fratello non si sono allontanati nemmeno un attimo mentre le figlie sono rimaste a casa, da alcuni amici di famiglia.

Donato racconta della fatalità della notte di Capodanno, del nipote che «era già a casa in pantofole ed è uscito di nuovo», dell’attaccamento al lavoro, «un sogno coltivato da bambino» e dei continui corsi di specializzazione. In un momento di coscienza, infatti, il primo pensiero del 39enne, sarebbe andato al salto di grado a cui si stava preparando: «Non ci voleva, proprio ora».

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