La Caritas di Firenze torna in Friuli 40 anni dopo il terremoto

Il 5 maggio di 40 anni fa un terremoto provocò in Friuli la morte di quasi mille persone e 100 mila sfollati

IL TERREMOTO DEL FRIULI DEL 1976

IL TERREMOTO DEL FRIULI DEL 1976

Firenze, 5 maggio 2016 - L'alluvione e il terremoto, una corsa solidale per non dimenticarsi gli uni degli altri. Il 5 maggio di 40 anni fa un terremoto provocò in Friuli la morte di quasi mille persone e 100 mila sfollati. La Caritas di Firenze si attivò per il suo primo intervento all'esterno della sua geografia abituale. Furono raccolti allora 114 milioni di lire, inviate 12 roulotte e raggiunsero le località devastate 56 suore e tanti giovani volontari. La Caritas era nata quattro anni prima e ne era direttore Mons. Vinicio Del Perugia (segretario Padre Antonio di Marcantonio). Un pullman, con il direttore della Caritas Alessandro Martini e volontari dell'associazione raggiungerà oggi le città allora adottate di Buja e Gemona. Stamani visita a Buja e nel pomeriggio solenne celebrazione nel Duomo di Gemona, presieduta dall’Arcivescovo di Udine, Mons. Bruno Mazzocato, in memoria delle vittime e della solidarietà ricevuta. Avuta l'autorizzazione a consultare l'archivio del Card. Florit, il giornalista Franco Mariani ha potuto ripercorrere alcune tappe di quella stagione. Il motto dei giorni del terremoto fu "Il Friuli accanto a casa tua", anche come segno di solidarietà verso l'arcivescovo Ermenegildo Florit, nativo del Friuli, sacerdote nella diocesi di Udine. Firenze, inoltre, si sentiva particolarmente legata al Friuli che aveva aiutato Firenze colpita dall'alluvione dieci anni prima.: i fiorentini, rispondendo all’appello lanciato dal Card. Florit raccolsero 50 milioni di lire, mentre altri 60 milioni furono inviati dalla stessa diocesi.

La Caritas di Firenze si impegnò con ogni mezzo per venire incontro alle popolazioni. Subito le località colpite vennero raggiunge da 56 suore infermiere appartenenti a varie Congregazioni. Molte le curiosità e le notizie recuperate da Mariani sull’intervento Caritas, affiancata anche da Scout, le Misericordie, il Comune di Firenze, che inviò subito 12 automezzi e 30 dipendenti che si impegnarono nel ripristino dell’acquedotto di Cavazzo Carnico, e la Regione Toscana. L’anno dopo l’Associazione Industriali di Firenze in riconoscenza dell’operato di 3 suore infermiere fiorentine che operarono in Friuli – Sr. Maria Gabriella Torselli delle Minime del S. Cuore, Sr. Lea Pericolini delle Suore del Preziosissimo Sangue, Sr. Rosanna Creatini delle Sorelle dei Poveri di Santa Caterina da Siena – assegnò loro il premio solidarietà, destinando i 5 milioni del premio ai terremotati. Scrisse l’allora Sindaco di Buja al Card. Florit: “Non eravamo abituati a vedere le suore per le nostre strade. Si sono rivelate efficaci come presenza, e vive come espressione di vita religiosa. Le abbiamo viste e le vediamo dappertutto, nel fango, nella pioggia, nella neve, condividendo la vita degli abitanti, alla guida di autocarri, animatrici sociali, infermiere, amiche e sorelle, all’occorrenza manovali”. Fu allestito anche un campo scuola a Piani di Luzza, gestito da 10 seminaristi e una suora laica, a cui parteciparono 35 ragazzi di Buja. Diverse famiglie furono ospitate dai fiorentini, così come, in vari istituti, 150 minori senza genitori. Nei campi lavoro alcuni giovani pagandosi il loro sostentamento (20mila lire) furono impegnati, in gruppi di 20 in turni di 10 giorni, nello sgombero delle macerie, in interventi di riparazione, assistenza alle persone anziane, distribuzione di indumenti e coperte, mentre le ragazze, con le suore, si occupavano dell’animazione nelle varie tendopoli. Don Angelo Cracina, Arciprete di Buja, in una lettera del 21 settembre 1976 al Card. Florit, ricordava “l’immagine amabile dell’eminenza vostra che va per le nostre borgate a salutare i nostri vecchi, i piccoli, e i volontari intenti alla riparazione delle nostre case diroccate. Ho ancora viva l’immagine commuovente della solenne concelebrazione da lei presieduta davanti al nostro duomo sberciato (alla Caritas fiorentina il Comune di Buja chiese di assicurare i fondi, 10 milioni, per una prima copertura del tetto), tra le macerie delle abitazioni in quel vespro del 28 agosto. I suoi buoni e bravi fiorentini – continuava don Cracina – insieme con Lei e da Lei spronati sono un immagine eloquente della paternità cristiana vera ed operante. Essa continua a tenere desta la nostra fiducia nella Provvidenza e a tonificare i nostri nervi anche dopo le tremende scosse”. Durante l'inverno tre suore assicurarono la loro presenza a Buja, assistendo in tutto la popolazione e coordinandosi con Firenze per le varie necessità. “Il bisogno maggiormente avvertito ed affrontato - si legge in una relazione della Caritas - è stato il contatto diretto, personale con tutti e in particolare con l’aiuto e il sostegno morale ai più depressi, soprattutto gli anziani. Ci è sembrato questo lo spazio proprio della nostra azione e il significato della nostra presenza, testimonianza concreta di carità e di condivisione”.

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