Betori: "Ripensiamo le parrocchie"

La relazione del cardinale al convegno dei nuovi vescovi di Roma

Il cardinale Betori (New Press Photo)

Il cardinale Betori (New Press Photo)

Firenze, 17 settembre 2014 - Moltiplicazione individuale della comunicazione, vite che corrono e altre che diventano improvvisamente periferiche. Stati più deboli che faticano a ripensarsi nel nuovo millennio. Ci sono oggi, in un contesto di forte mobilità sociale, altri modi con cui dare forma all’esperienza cristiana più efficaci e attuali della parrocchia? Si tratta piuttosto di ripensare la parrocchia – ha detto martedì 16 settembre il card. Giuseppe Betori un intervento sul tema, a Roma, al Convegno dei Nuovi Vescovi. La parrocchia salvaguarda la dimensione territoriale, ma vive la tentazione di due derive: da una parte diventare una comunità “autoreferenziale”, dall'altra una sorta di “centro di servizi religiosi”.

Se ne esce orientandosi completamente verso la missione, con attenzione ad attivare processi e non a occupare spazi di potere, “prendendo l'iniziativa” per aprirsi al popolo: farsi carico “delle persone nella loro singolarità, prendersi cura dei poveri, essere disposti a collaborare con altri soggetti sociali e con le istituzioni, infine essere capaci di promuovere cultura nel nostro tempo”. Bisogna cogliere il respiro e l'affanno di un tempo nuovo, di grande mobilità e provvisorietà, caratterizzata da una comunicazione larga e compulsiva, in cui c'è tuttavia bisogno di riferimenti stabili.

Dunque si apre una prospettiva di “integrazione”, che risponde anzitutto all’impossibilità della singola parrocchia di “presidiare tutte le 'frontiere' e le 'periferie', sociali e culturali, in cui oggi si distribuisce l’esperienza delle persone”; risponde anche all’esigenza di superare la figura di un parroco che “occupa tutti gli spazi della pastorale, appiattendo le esigenze e le diversità”. C'è un elemento da non sottovalutare: rispetto alle esigenze ci sono meno parroci. Ripensarsi, allora, in funzione di numeri più contenuti di preti, “la cui presenza va articolata su territori più vasti, in connessione tra di loro e aperti a dare spazi adeguati alla presenza di altre soggettività ecclesiali, sia personali (laici e membri di istituti di vita consacrata), sia comunionali (aggregazioni laicali e famiglie religiose)”.

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