Terremoto, un elastico sotto gli Appennini. Toscana: ecco dove la terra trema

L’analisi del sismologo: «I pericoli? In Garfagnana, Lunigiana e Mugello». Tra Borgo San Lorenzo e Palazzuolo la faglia che fa paura

Cane di soccorso in una foto di repertorio (Foto Lapresse)

Cane di soccorso in una foto di repertorio (Foto Lapresse)

Firenze, 25 agosto 2016 - Sono il Mugello, la Garfagnana e la Lunigiana i punti deboli della nostra regione sotto il profilo del rischio sismico. «Aree molto simili dal punto di vista della conformazione – spiega Gilberto Saccorotti, sismologo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Pisa –. Lì, lungo la catena appenninica, la crosta terrestre è soggetta a un vero e proprio stiramento. È proprio l’azione di questo ‘sforzo’ a originare i terremoti».

Quindi gli eventi sismici che si sono verificati in quelle aree si assomigliano?

«Proprio così. In Lunigiana, Garfagnana e Mugello registriamo da sempre le medesime intensità di scosse, attorno ai sei gradi di magnitudo. Il terremoto più forte fu quello del 1920 in Garfagnana e in Lunigiana. La terra tremò così tanto che si toccò una magnitudo del 6,5, maggiore rispetto al terremoto che squassò L’Aquila. Per il Mugello, invece, l’evento più tragico risale al 1919, quando si raggiunse una magnitudo di 6,3».

In base alla classificazione sismica, che va da uno a quattro, in quale posizione troviamo le zone toscane più soggette ai movimenti terrestri?

«Tutta l’area appenninica si trova in zona 2, quindi un gradino sotto quella più a rischio. Il resto della Toscana è in fascia 3, ad eccezione della zona a sud. La Maremma si trova al quarto gradino, che corrisponde al rischio più basso».

Dove si trova, nel Mugello, la zona più a rischio?

«E’ quella a nord est di Borgo San Lorenzo e Vicchio. Tracciando una linea, si può dire che la faglia corra tra Borgo San Lorenzo e Palazzuolo su Senio. A una distanza di 30-40 chilometri da Firenze».

Anche il Chianti è un territorio fragile...

«Senza dubbio. Basti pensare al nome di Sant’Andrea in Percussina. Deriva proprio dal fatto che lì il terremoto ha ‘battuto’ diverse volte. Però le magnitudo registrate non sono mai state importanti. Un’eccezione ci fu nel 1895, quando una scossa di magnitudo 5,4 colpì l’Impruneta. Ci furono pochi morti, ma non mancarono danni anche a Firenze. La Certosa ebbe i problemi maggiori, ma effetti ci furono pure sulla chiesa del Carmine e addirittura sugli Uffizi e su Palazzo Vecchio».

Cosa si è fatto in Toscana per ridurre il rischio sismico?

«Molto. La Regione negli anni Novanta ha portato avanti un programma di valutazione della vulnerabilità degli edifici. Attraverso micro-finanziamenti, con una spesa contenuta i privati hanno potuto mettere in sicurezza le loro case. Grazie a questi interventi il terremoto della Lunigiana del 2013, di magnitudo 5,2, non provocò quasi nessun danno. Segno che è questa la strada giusta da percorrere».