Esami diagnostici e visite, regge solo l’urgenza. Il resto è da maglia nera

Toscana, così vacilla il modello assistenziale

ECOGRAFIE  Sempre molto numerose

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Firenze, 6 luglio 2018 - Quando si esce dai percorsi d’urgenza, le liste d’attesa per le visite specialistiche e per gli esami di diagnostica, crescono. E talvolta scoppiano. Anche in Toscana. Nononostante i tentativi, a più riprese, dei vari assessori e dirigenti della sanità, che negli anni si sono impegnati nella ricerca di una formula magica che potesse guarire da questo male insopportabile per una regione che, sinora, è stata un modello per la sanità pubblica. Ora si ritenta. Quando siamo al punto che quel ruolo, da prima della classe, comincia a vacillare: i voti scendono e si perde il podio in molte classifiche che valutano i risultati.

In attesa di conoscere le informazioni dettagliate sulle liste d’attesa che le Regioni, su richiesta del ministro della Salute, Giulia Grillo dovranno trasmettere a lungotevere Ripa, la Fondazione Gimbe ha pubblicato i primi risultati di un monitoraggio indipendente sulla rendicontazione pubblica dei tempi di attesa da parte delle Regioni. Emerge un quadro di un sistema sanitario a più velocità, dove la Toscana viene bocciata clamorosamente. Le Regioni, insomma, sono poco trasparenti nel rendere noti i tempi d’attesa per visite e esami medici. Sono solamente cinque le amministrazioni regionali che pubblicano i loro dati. E sono: Basilicata, Emilia Romagna e Lazio seguite da Valle d’Aosta e provincia autonoma di Bolzano. Mentre la maglia nera spetta alla Toscana, insieme a Campania e Molise dove non si rende disponibile alcun report.

Nononstante il Piano nazionale di governo delle liste d’attesa 2010-2012, approvato con l’intesa Stato-Regioni del 28 ottobre 2010, abbia definito 58 prestazioni tra visite specialistiche, esami diagnostici e interventi chirurgici per cui Asl e ospedali devono indicare i tempi massimi di attesa.

In seguito al ricevimento del Piano nazionale, a Regioni e Province autonome era dato obbligo di pubblicare il Piano regionale di governo delle liste d’attesa, ed entro 60 giorni ogni azienda sanitaria era tenuta ad adottare il proprio programma attuativo, garantendone adeguata diffusione ai cittadini. In base ai risultati preliminari dello studio Gimbe la trasparenza sui tempi di attesa, di fatto prevista per legge, rimane in larga parte disattesa da Regioni e Province autonome.

Dunque la Toscana, pur restando nell’eccellenza per la qualità dell’assistenza (anche in base al rapporto pubblicato ieri dall’Università di Tor Vergata sui livelli di tutela della salute), comincia a perdere punti sul funzionamento della macchina. Sintomo inequivocabile che qualcosa nel sistema si è inceppato. Come non è bastata la riforma delle maxi Asl a ridimensionare definitivamente il cruccio dei costi, così al sistema che gestisce l’offerta di visite ed esami non sono più sufficienti le toppe messe qua e là, con i medici di famiglia incardinati alla parola d’ordine appropriatezza. Ora ci si riprova: è stata appena approvata una nuova delibera che riforma il sistema.

Ma finire in maglia nera per la mancata pubblicazione dei tempi d’attesa non è il primo inciampo. La Toscana, appena un mese fa, era stata fatta fuori dalla classifica delle Regioni al top, stilata dal ministero della Salute, che indivudua i tre enti regionali che serviranno da modello al fine della determinazione dei costi e dei fabbisogni standard del sistema sanitario: ecslusa a causa della performance sulla spesa nel 2015, anno in cui è stato registrato un deficit di gestione.