I pm che non si rassegnano

Il commento

Roma, 27 luglio 2017 - In attesa della riapertura delle indagini sul delitto Matteotti e del discendente di qualche pentito che tiri fuori particolari inediti sull’assassinio di Re Umberto, ecco che spunta l’indagine " 'ndrangheta stragista ". Nella regione italiana – la Calabria – in cui da anni nell’indifferenza generale le Asl non presentano i bilanci, i caporali assoldano immigrati irregolari in piazza davanti alla caserme della forza pubblica, la DDA di Reggio Calabria apre un’inchiesta sull’omicidio di due carabinieri avvenuto 23 anni fa, e su una presunta trattativa tra lo Stato e la ’ndrangheta. Col solito corollario di servizi deviati (potevano mancare...?) e rivelazioni di pentiti.

Siccome arranca il processo sulla madre di tutte le trattative Stato-mafia, quella di Palermo (inchieste giornalistiche tante, docufilm a bizzeffe, carriere politiche dei pm non ne parliamo ma condanne nessuna), ecco che si apre un filone parallelo in Calabria. Come dire, quello che esce dalla porta rientra dalla finestra. E così dobbiamo assistere a nuove perquisizioni all’ex poliziotto Bruno Contrada, riabilitato quindici giorni fa dalla Cassazione dopo essersi scontato dieci anni, e a nuove accuse contro Forza Italia.

Per carità, l’omicidio è l’unico reato che non finisce in prescrizione, però a un certo punto bisognerebbe anche rassegnarsi e voltare pagina. I pm dovrebbero essere più illuminati del giornalismo e della politica complottista e guardona che li spalleggia e li imbecca. Questa la teoria. Ma nel Paese del Ruby-quater ci possiamo aspettare di tutto.