Giochi mortali e genitori detective

Il direttore de La Nazione risponde ai lettori

Pier Francesco De Robertis

Pier Francesco De Robertis

Firenze, 25 maggio 2017 -  Caro direttore, mi ha molto colpito l’inquietante notizia del ‘Blue Whale Challenge’ ovvero quel gioco perverso che fa precipitare ragazzini adolescenti in un vortice di eccessi e prove di coraggio che li porta dritti al suicidio. La domanda è secca: colpa di questa società malata o dei genitori?

Pietro Marini, Pistoia

Caro Marini, magari potessi darle una risposta esaustiva su un fenomeno così complesso! Intanto non credo che sia un problema di colpe, quanto di veri e propri reati. E i reati – sui quali nella fattispecie sta lavorando la polizia postale – sono quelli di istigazione al suicidio e induzione in schiavitù. Sì, vengono i brividi a pensare che i nostri ragazzi possano diventare vittime di questi ‘schivisti della psiche’ che si nascondono dietro alle maglie fitte della rete per compiere quelli che altri non sono se non crimini. Giocare poi sulle fasi più delicate dello sviluppo dei giovani è ancora più vigliacco. Per questo è encomiabile il lavoro di intelligence e di investigazione sul web della stessa polizia postale e di tutte le forze dell’ordine. Dire che servirebbero pene severe per questi criminali del web è retorico, oltreché scontato. Purtroppo oggi i ragazzi sono vittime di una socialità altra e di vite parallele che con la realtà non hanno più contatto empirico. Quindi, tradotto, sono più vulnerabili. Se i genitori abbiano delle colpe rispetto a tali fragilità? Forse, magari perché distratti da una realtà, per contro, troppo incessante. Che impedisce loro di essere i primi detective dei propri figli.