REDAZIONE AREZZO

Via da Parigi dopo la paura. Silvia: "Incubo Bataclan".Francesca: "La mia vita è cambiata"

Silvia Martini rientrata dopo le ore della paura. "Sono passata davanti al teatro della morte, terribile". Bassani: "Se non lavoravo, sarei stata in quel teatro...". LE FOTO DEL CORTEO / GIRO DI VITE SUI SANTUARI ARETINI / POPPI: CASTELLO COLOR FRANCIA

Il corteo in centro: in basso Silvia Martini e Francesca Bassani

Arezzo, 17 novembre 2015 - Sono rientrate da Parigi. Con la morte nel cuore, il sollievo di chi ha rischiato grosso: e insieme la voglia di ricominciare. Erano state le voci aretine della grande paura.

Silvia Martini ha dormito alla Maison d'Italie per non rientrare nella sua casa, a cento metri dal Bataclan, il teatro della strage. E da lì è però ripassata prima di partire. "Era tutto transennato, una scena straziante: ma era anche l'unico punto deserto, la gente è già tornata in strada". Riparte ma con un filo di malincuore. "Erano ore determinanti in Francia: nella paura anche l'adrenalina di chi resiste o di chi vive ore decisive. Una lezione".

Poche ore e torna anche Francesca Bassani, la voce di Spazio Seme. "La verità è che la mia vita è cambiata dopo Parigi. Ti viene in mente che se non fossi stata lì per lavoro, sarei di sicuro andata al Bataclan: è un tipo di musica che mi piace, è nelle mie corde. La vita può cambiare in un soffio, una lezione che mi porto dietro".

Alle spalle i giorni laceranti anche per Arezzo. Fin dalla notte. Poi il corteo in centro. In testa tre bandiere francesi, a reggerle mani di "colori" diverse: assessori della vecchia giunta e di quella nuova, sindaco di centrodestra e parlamentari di centrosinistra, membri di associazioni che pendono di qua e che pendono di là. E poi il questore, autorità diverse, rappresentanti della Prefettura. Insieme per appendere una bandiera a mezz'asta alla finestra del Comune.

Un atto dovuto, forse scontato ma che aveva concluso una giornata diversa dalle altre. La gente ha paura anche qui: e non solo quella che a Parigi ha amici, figli, parenti. Perché a quel soffio della paura non c'è stato di polizia che possa chiudere i confini.

E tutto era partito di notte. Dal racconto di chi a Parigi c'era davvero. "Sono blindata nella Maison d'Italie: sto bene": è uno dei primi messaggi che arrivano via facebook dagli aretini che vivono a Parigi. 

Silvia Martini ci aveva accompagnato con le sue parole nella notte del terrore. Poi a botta fredda va oltre. Lei, in Francia per una serie di esibizioni anche di fronte all'ambasciatore essendo parte di una compagnia teatrale, sceglie i social per mettersi in contatto con gli amici, alcuni dei quali le chiedevano come stavano andando le cose, nel pieno dell'attacco terroristico. La Maison (visitata nel tempo da tre presidenti della repubblica) è in Boulevard Jourdan, quindi non in una delle zone finite nel mirino diretto della furia sanguinaria dei terroristi.

"Sarei dovuta rientrare a casa dall'altra parte di Parigi, attraversare i luoghi della paura. Ho preferito essere accolta alla Maison". Un divano, nel cuore di una città che non ha dormito quella notte e forse non ha dormito questa. E' la stessa strada sulla quale si affacciano altri collegi e altre realtà universitarie. Collegi dai quali gli studenti di sera si rovesciano verso il centro di Parigi, che da lì è raggiungibile via metro e mezzi con circa una mezz'ora di spostamento. Avrebbe dovuto tornare alla sua residenza, nella parte più critica di Parigi, ma ha preferito dormire nella Maison alla luce di quanto stava accadendo nella metropoli.

Tra i protagonisti poi Francesca Bassani. Era a Parigi per lavoro. "Un incubo. Mi ero trovato qua nei giorni dell'attentatop a Charlie Hebdo. Da allora mi portavo dietro la paura di quelle ore. Da allora mi portavo dietro la voglia di superarla, tornando a Parigi ad affogare il magone di quelle ore". C'è tornata stavolta, per rintingere la penna e la memoria in un altro incubo.

"Non mi funzionava internet, sono tornata a casa per rinfrescarmi, mi hanno chiamato da casa per avvertirmi che era successo qualcosa". Quel filo che dall'Italia salta i confini con un balzo, il grido d'allarme. Incrocia altre grida. "Mi sono resa conto dopo di aver sentito delle urla: le avevo ricollegate alla partita della Francia,al tifo: poi ho capito che era qualcosa di diverso".

E'la prima notte ma il giorno dopo non sempre è migliore. "Siamo chiuse in casa: qui non si capisce cosa si debba fare" racconta da Parigi Silvia Rossi, che è in Francia per un Erasmus. Studia filosofia, forse anche per avvicinarci più e meglio ad una verità che continua a sfuggire ai più, che continua a sfuggirci. Lei a Parigi c'è ancora ma da ieri è riuscita per andare a lezione. La vita continua. La paura anche.