Bronchi, le carte Gip: gli spettavano solo 7 mensilità di buonuscita. Lui va al Riesame

Ecco perché il giudice dà il via libera ai sigilli su 470 mila euro dei 700 mila euro chiesti dalla procura, secondo la quale il Cda Bpel doveva licenziare in tronco l'ex Dg. Responsabili lui e Rosi, gli altri (compreso il padre del ministro) coinvolti all'ultimo: ma resta spazio alle ulteriori indagini

Luca Bronchi

Luca Bronchi

Arezzo, 14 aprile 2016 - Luca Bronchi, ex direttore generale di Banca Etruria, e il suo avvocato Antonio Bonacci non porgono l'altra guancia davanti al decreto di sequestro per 475 mila euro disposto dal Gip Anna Maria Lo Prete. E si preparano a ricorrere al tribunale del Riesame. Bonacci ha tempo fino al 22 aprile per presentarla e convincere i tre giudici del Riesame di Arezzo. Non è detto neppure che il ricorso venga portato fino in fondo: alla difesa interessa in questo momento scoprire le carte d’accusa, poi si vedrà se vale la pena di rischiare un verdetto.

«Sussiste ampiamente il fumus che tale decisione (la liquidazione da 1,2 milioni lordi ndr), presa e concertata ad hoc quantomeno tra i due predetti indagati, costituisca un atto di favoritismo verso Bronchi a tutto danno di una struttura creditizia che attraversava un’inesorabile crisi». Ecco le carte del Gip, le quindici pagine nelle quali Anna Maria Lo Prete ci va giù decisa contro l’ex direttore generale e l’ultimo presidente Lorenzo Rosi sulla buonuscita da 714 mila euro netti.

Per la procura andavano sequestrati tutti: il pool dei pm sposa il verdetto degli ispettori di Bankitalia, secondo i quali Bronchi doveva essere licenziato in tronco per i danni a Banca Etruria. Ma per il giudice a lui spettavano solo le sette mensilità dell’indennità di preavviso, non le sedici di indennità supplementare, la risoluzione del rapporto non fu «arbitraria, ingiustificata e irragionevole». 

«Il licenziamento sarebbe stato pienamente giustificato senza dover corrispondere alcuna indennità supplementare». Ecco perchè il Gip calcola che a Bronchi non spettassero 475 mila euro di cui dispone il sequestro. Così è una distrazione patrimoniale e dunque bancarotta.

La responsabilità di averli corrisposti spetta secondo il Gip a Rosi, che, «di sua iniziativa», acquisisce un parere legale (del professor Giampiero Proia) che «si è limitato a dire che l’accordo (anzi la proposta avanzata dai legali del Bronchi) era più che conveniente per la banca». Il Cda, secondo il giudice, seppe tutto all’ultimo momento. La transazione «costituisce il frutto di un accordo tra il presidente, il Bronchi e i suoi legali e forse qualche altro componente del comitato esecutivo». Di quest’ultimo organo facevano parte con Rosi anche i vicepresidenti Alfredo Berni e Pierluigi Boschi». Resta dunque uno spazio di indagine per i Pm convinti  che nell’operazione Bronchi decisero tutti insieme.