"Viva Maria", quella divisione che riemerge dopo dieci anni

Sotto Lucherini all'evento era stata dedicata la piazzetta in cima a via dei Pileati, poi ribattezzata "Madonna del Conforto" dalla giunta successiva

Il cambiamento di nome della piazza

Il cambiamento di nome della piazza

Arezzo, 8 maggio 2017 - Ci risiamo con la guerra del Viva Maria. Eh sì, a distanza di dieci anni si torna a discutere se la città debba avere un luogo intitolato all’insorgenza reazionaria (chi la guarda di buon occhio preferisce popolare o antifrancese) del 1799. E come allora la proposta non solo divide gli aretini ma mobilita anche gli storici, tutti o quasi schierati per l’impresentabilità, sia pure a due secoli di distanza, del moto che portò alla cacciata delle truppe francesi, portatrici sì di concretissimi interessi ma anche degli ideali della Rivoluzione del 1789, libertà, eguaglianza, fratellanza.

Fatto sta che stamani di Viva Maria si tornava a discutere (atto di indirizzo poi rinviato per iniziativa dello stesso proponente) nell’aula del consiglio comunale della mozione del leghista Egiziano Andreani, che vorrebbe appunto una targa di intitolazione al VivaMaria. Già individuata la localizzazione, uno spazio all’interno della Fortezza.

L’eterno ritorno del sempre uguale, insomma, visto che l’insorgenza la sua piazza l’aveva avuta ai tempi dell’altra amministrazione di centrodestra, quella di Luigi Lucherini,l’antica piazzetta dei Pileati che si era trovata trasformata in piazza «Viva Maria Insurrezione popolare 1799-1800». Era toccato poi all’assessore alla cultura della prima giunta Fanfani di centrosinistra, Camillo Brezzi, storico di fama, metterci una pezza che non facesse troppo male a nessuno, intitolando la piazza alla Madonna del Conforto.

Come a dire che sempre di mezzo c’era la Madonna, sia pure nella versione più neutrale della protettrice della città. Che poi in qualche modo c’entrava anche col Viva Maria: l’insurrezione reazionaria partì appunto nel maggio 1799, nel nome di San Donato e della Madonna del Conforto. Un compromesso che ad Andreani non basta più.

 E con l’ombra della targa sono ricominciate le polemiche, a partire da quelle della comunità ebraica fiorentina, il cui presidente Dario Benarida è venuto fino ad Arezzo per scongiurare l’«infausta» intitolazione. La comunità si sente chiamata direttamente in causa perchè uno degli episodi più oscuri dell’insorgenza è il rogo in piazza del Campo in cui venero bruciati 13 ebrei senesi.

Gli insorgenti non c’entravano, obiettano i simpatizzanti del moto, così come per la cacciata degli ebrei da Monte San Savino, ma nessuno mette l’accento sulla natura profondamente antimoderna del Viva Maria, sia pure dettata dalla fame.

Solo gli storici lo ricordano. «Pittoresca ma tragica armata di straccioni», ha scritto Gabriele Turi che del moto è stato lo studioso più accurato. «Ad Arezzo - si indigna su Twitter lo storico cattolico Alberto Melloni - una provocazione vorrebbe esaltare l’epopea sanguinaria del Viva Maria».

Un altro storico serio e al tempo stesso scanzonato come Stefano Pivato portò dieci anni fa la vicenda nel suo libro «Vuoti della memoria»: «E’ un caso esemplare di lottizzazione della memoria. E uno studioso di area liberalmoderata come Dino Cofrancesco, scrisse allora di «blaterazioni». Al centrodestra, spiegò, manca la cultura liberale.